domenica 14 febbraio 2010

Partecipare davvero

Propongo la sintesi di un saggio di Ladislas Orsy, gesuita, pubblicata dalla rivista Il Regno (14, 2009) con il titolo "Il popolo di Dio". Mi pare molto interessante.


Chi sono i laici? Qual'è il loro ruolo?
Nelle sue memorie Alex Carter (1909-2002) ricorda un discorso di addio di Pio XI, nel 1939. Disse qualcosa del genere: la chiesa, il Corpo Mistico di Cristo, è diventata mostruosa. La testa è enorme, ma il corpo è rattrappito. Voi sacerdoti dovete chiedere ai laici di diventare insieme a voi, testimoni di Cristo.
Il Concilio Vaticano II ha ripetutamente affermato la dignità di tutto il popolo di Dio. Ma dopo il Concilio una nuova norma del Diritto Canonico è andata in direzione opposta. Ha escluso i laici da importanti processi decisionali. Oggi la norma viene rispettata nella pratica: nessun laico è membro o ufficiale maggiore (un'espressione tecnica, ben definita nel diritto) di una congregazione romana, nessun laico ha diritto di voto nei sinodi e nei consigli di livello superiore; nessun giudice laico in un tribunale ecclesiastico può operare come giudice unico. Insomma, nessun laico è ammesso nella sancta sanctorum, cioè nell'esercizio di un ruolo significativo nella costruzione della chiesa dall'interno.
Diamo la parola al Codice di Diritto Canonico, can. 129 comma 1: Sono abili alla potestà di governo che propriamente è nella chiesa per istituzione divina, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro. comma 2: nessun laico ha la capacità di esercitare questa potestà. I laici possono cooperare con gli ordinati senza partecipare alla potestà.
Questa netta e radicale esclusione dei laici da una qualsiasi partecipazione alla potestà di governo interrompe una tradizione immemorabile: è una novità. Ma se il can. 129 non ha radici nel passato, da dove viene?
Con il can. 129 entra in gioco una nuova concezione della potesta episcopale denominata con la nuova espressione "la potestà sacra". Si tratta di un dono sacramentale specifico conferito dalla consacrazione episcopale. Esso comprende cumulativamente la potestà di insegnare (profeta), santifica (sacerdote) e governare (re).
Il fatto di riservare l'espressione "la potestà sacra" esclusivamente alla potestà episcopale indica una mancanza di stile in teologia. La potestà sacra nella chiesa è conferita a tutto il popolo di Dio attraverso l'onnipervasiva presenza dello Spirito. E' presente e operante nei membri ordinati e in quelli non ordinati. La dottrina secondo cui le persone non ordinate possono solo cooperare con la potestà di governo, ma non parteciparvi, pretende che questa potestà sia indivisibile. Non c'è alcuna ragione teologica per la quale un vescovo non possa permettere ad una persona qualificata di "partecipare" alla sua potestà di governo purchè questa potestà non intacchi il carisma esclusivo dato dall'ordinazione.
Quando vengo invitato a parlare della teologia del laicato chiedo ai laici presenti: In quale momento della vostra vita siete diventati laici? Dopo qualche esitazione rispondono : al battesimo. Allora continuo: ma siete stati battezzati per restare "laici" per sempre? Ben presto emerge un consenso: tutti noi, laici e chierici, siamo stati battezzati per essere il popolo di Dio con tutti i doni che questa gioiosa condizione comporta. Il battesimo realizza una sostanziale uguaglianza tra tutti i battezzati, un'uguaglianza che non deve mai venir meno. Come definiamo i laici? In genere la risposta è pronta e chiara: i laici sono i non ordinati. Replico: si, ma si può definire una realtà esistente con un'espressione negativa, che afferma semplicemente la mancanza di una sostanza? Ovviamente no. Quindi non possiamo costruire una teologia del carisma dei laici quando non c'è alcuna evidenza di una qualsiasi particolare azione sacramentale che conferisca un tale carisma specifico.


Meditate gente, meditate.

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