venerdì 22 luglio 2011

Sete di Cristo

Ecco il punto: la nostra rivoluzione-per deve essere, sì, come il granello di senape, ma deve essere socialmente efficace. E, a tal fine, è FONDAMENTALE avere idee di un certo spessore, che non sto qui ad indicare. Il fatto che tu ti trovi bene a lavorare con "chi fa", non basta a definire ciò che fa. Alzare la voce, denunziare, eccetera, vale, e come!, ma dipende dal complemento oggetto. Per me quello che noi dovremmo fare è essere presenza storica che non cerca spazi e pubblicità, ma si impegna ad essere buona semente per abbattere il muro di un'opinione pubblica deformata da tante idee sbagliate su ciò che è saacro e quindi sul valore del sacerdozio (che, tanto per dire un particolare non secondario, non può essere solo maschile con l'appendice del femminile!), sul rapporto Popolo di Dio e Chi, in esso, esercita un ministero. Soprattutto bisogna avere in mente a caratteri cubitali che la nostra è una questione di FEDE...
Ausilia Riggi, blog "Conversazioni"

Concordo sull'importanza di "avere idee di un certo spessore". Quelle idee, per quel che ho imparato, sono ciò di cui fuori e dentro la chiesa abbiamo tutti davvero bisogno. Non si faranno strada con la stessa facilità con cui incuriosiscono temi superficiali e prurigginosi. Certo, se ci mettiamo a parlare di preti pedofili facciamo il pieno di ascolti, ma a che serve? Non lo fanno già in tanti? Non si cade nella ovvietà? A noi spetta un compito diverso e unico. Il nostro confronto, la nostra visibilità e la nostra stessa vita devono puntare su uno "specifico" ancora inesplorato. E credo che fare luce su questo angolo buio sia un vero servizio che verrebbe utile non solo a noi personalmente, ma alla chiesa intera.
Perchè, in fin dei conti, siamo finiti ai margini della chiesa? Perchè tanti sono proprio usciti, altri restano scegliendo il silenzio, altri ancora lottano tenacemente su terre di confine? Chi non cercava Cristo prima, ma solo la propria affermazione personale, continua a farlo anche da dissidente, ma gli altri, quelli di noi davvero attratti dai contenuti di fede, cosa hanno in comune... se non la sensazione che proprio quella fede fosse a rischio?
Ecco, la fede a rischio, questo ci accomuna, questo mi interessa. Posso rinunciare a preti perfetti, a preti sposati, a laici investiti di cariche ecclesiastiche di rilievo, ma non posso rinunciare alla fede.

Guardate, non sto facendo una predica o un discorso di principio. Sono arrivato a capire questo non in seguito a chissà quale lettura teologica, ma analizzando me stesso.
Per quel che mi riguarda io ho imboccato una strada, giusta o sbagliata, che mi sembra porti buoni frutti. Non mi chiedo più quello che per me non è un problema, non perdo più tempo in questioni teologiche o filosofiche che non toccano il mio cuore. Io sono interessato sostanzialmente ad andare al fondo dei miei bisogni. Capitemi, non in senso egoistico, per la soddisfazione di bisogni superficiali. Sono interessato ad approfondire cosa ha senso, cosa riempie la vita, non quello che è un argomento di moda, o un problema per la società, o per la chiesa. E il mio approccio ai vangeli e alla fede cristiana parte da questo e a questo deve arrivare, altrimenti lo butto, senza finti pudori. La mia relazione sentimentale, ad esempio, non mi pone problemi morali come ne pone al magistero. Non siamo sposati, questo per la chiesa è un problema, per me no, e quindi non perdo tempo a giustificarmi. So che la chiesa giudica in un certo modo la mia relazione, glielo lascio fare in santa pace. Non è verso questo riconoscimento esterno (il sacramento) che voglio orientare le mie energie. Ora, la famiglia, il celibato, la scarsità di preti, la morale sessuale... per me sono tutti problemi che servono giusto a fare un po' di ginnastica mentale. Non sono problemi che avverto nel profondo e quindi se li affronto rischio di fare chiacchiere, per un verso o per l'altro.
Un mio problema vero, invece, è Cristo: come rapportarmi a lui, come intendere questa relazione, cosa significa avere fede, cosa lasciare che dipenda da questa fede e cosa no. Non è una cosa da poco, è una questione molto concreta, perchè da essa dipende come mi rapporto con il prossimo, come mi occupo o disinteresso di problemi sociali, e questo mio modo di stare al mondo a sua volta crea domande e problemi alle persone che incontro, ed ecco, questo porta visibilità, cambiamento. Questo per me, è spiritualità, qualcosa che parte dalle mie più profonde domande e trova riscontro in risposte che solo la fede può dare. Di questo mi piacerebbe parlare con chi ha inciampato all'interno della chiesa, con chi porta in sè qualche ammaccatura, qualche ferita, perchè queste persone, questo "noi" ha qualcosa da dire sulla propria esperienza di fede e non lo dice. Chi se ne frega del celibato opzionale, a quello i preti ci arriveranno da soli... e quel giorno poverette le loro mogli se insieme alla legge sul celibato non cambierà anche il modo di fare il prete! No, non è questo che cambia le persone, ma l'incontro con Cristo, e non parlare dell'incontro con Cristo per parlare di celibato, scusatemi, mi sembra un'idiozia.

venerdì 8 luglio 2011

L'esserci inutile


Il metodo. Ho iniziato questo blog dicendo che nella chiesa non conta tanto cambiare "le cose" quanto il metodo. Si può fare tutto e il contrario di tutto, ed essere o non essere cristiani.
Il metodo del cristiano è la persona. Il prete di questa chiesa non può vedere le persone, se lo fa deve andare contro corrente, contro il suo stesso mandato. Alcuni ce la fanno, altri rinunciano all'abito, altri ancora, i più, rinunciano alla persona.
Quando diciamo "persona" capita che immaginiamo una determinata persona. Assennata, coerente, in cerca di Dio. E invece la persona, il più delle volte è quanto di più banale e stupido si possa incontrare. E' una bottiglia scolata, è falsità spudorata. E' puzza, volgarità, ignoranza, carne flaccida che rimanda la sua fine di qualche ora o qualche giorno. Davvero vale la pena vivere per questo? Davvero Dio ha assunto questa carne? Io amo le vette dello spirito, amo "sentire" emozioni non riducibili a parole. Amo confronti profondi, la musica che tocca l'anima, l'arte, il dono di quanto si ha di più caro... ma l'uomo, l'uomo banale, che non capisce, che non rischia, che non cambia, questo uomo faccio fatica ad amarlo. Bisogna odiare per capire l'amore. Bisogna disprezzare il prossimo, desiderare la sua fine, la sua malattia, sfortuna, disgrazia, per capire Cristo. Bisogna fare a botte prima di parlare di pace. Altrimenti facciamo prediche. L'anticristo si alimenta di prediche. Ne gode ampiamente. Predicare l'irraggiungibile è un modo come un altro per evitare ciò che è raggiungibile.
Il metodo della chiesa alternativa è la presenza, non la predica. L'esserci. L'esserci senza risultati, senza tornaconto, l'esserci inutile.

martedì 5 luglio 2011

IL DIO DEGLI EXTRATERRESTRI


Qualche anno fa ho partecipato su un blog ad un dibattito un po’ insolito: Dio ed extraterrestri. Lo riporto perché a mio parere esprime due modalità opposte di affrontare la questione sulle quali sarebbe bene andare a fondo, non tanto per prepararsi all’incontro con gli extraterrestri, quanto per andare alla radice del nostro atteggiamento verso chi è “diverso”. Mauro
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IL POST diceva

Che impatto avrebbe nella vostra vita di fede la scoperta di forme di vita extraterrestre? Argomento che continua ad intrigare e che ora è stato oggetto di un serissimo studio da parte del CTNS dell’università statunitense di Berkeley. Il campione del medesimo era particolarmente rappresentativo in quanto costituito da 1325 credenti di tutto il mondo professanti le più varie religioni: cattolici, protestanti, ortodossi, mormoni, ebrei, musulmani e buddisti.

Il dibattito che ne è seguito:

Mauro - Se fossi un extraterrestre andrei anch’io al CTNS di Berkeley e chiederei ai 1325 credenti (in particolare ai cristiani) di questa terra se pensano che Dio si sia incarnato solo qui o se possono accettare che contemporaneamente si sia manifestato materialmente anche in altri mondi. E se questo non essere più al centro dell’universo, neanche da un punto di vista religioso, fa loro qualche problema…

Mor. - In effetti quella dell’incarnazione è proprio una bella domanda. In ogni caso non sentirsi al centro dell’universo fa sempre bene (extraterrestri o no).

Ic. - Ma perché dovrebbe essersi incarnato da qualche altra parte? L’incarnazione e la redenzione investe l’intero universo. Poi Dio può fare quello che gli pare, non pongo io certamente i limiti…
Ma anche ragionando. Dio si è fatto uomo in Palestina 2000 anni fa. A quel tempo la Terra del Fuoco, per dire un posto distante, era molto più lontano, più “extra” di marte oggi, e di qualche altro sistema solare. La lontananza e la momentanea non comunicazione non costituisce un problema. E Virgilio e gli uomini nati prima? il tempo antecedente non era ancora più distante e senza comunicazione? e quelli che non hanno mai sentito parlare di Cristo? Piuttosto quando saremo di fronte a ET sarà subito da predisporre un apposito ufficio in curia per l’evangelizzazione degli extraterrestri.

Mauro - Scusa ma tra la terra del fuoco e miriadi di pianeti abitati che stanno a milioni di anni luce da noi (non marte…) c’è una bella differenza. Tu crederesti ad un extraterrestre che venisse a dirti “guarda che si è incarnato da noi, in un altra galassia, non da voi”? Io no. E anche lui farebbe lo stesso con me.

Ic - Io dico solo che se con un extraterrestre ci comunico questo mi è diventato vicino, i milioni di anni luce non fanno più problema come a un certo punto della storia non fece più problema l’oceano. se poi dicono che si è incarnato da loro, si sta a sentire per vedere comunanze e differenze e poi ognuno giudicherà. ma anche questo è una cosa già vista perché di Messia ne hanno sfornato ogni angolo della terra.
Quello che voglio dire è che l’extraterrestre non pone un salto al problema, ma solo un’estensione del problema rimanendo dentro lo stesso sistema di presupposti. Cristo oggi, ieri, sempre. L’eterno. Figurati se fa problema qualche milionata d’anni luce. Il problema sarebbe solo logistico.

Mauro - Scusa Ic ma non sono proprio d’accordo con te. Tu dici che la distanza è una estensione del problema che nella sostanza non cambia. Invece cambia. Perchè un ET non è fatto come me e te. Ha un altro corpo, un altro modo di comunicare, di conoscere, di amare. Magari non ha braccia nè gambe e vola. Faccio ipotesi fantastiche solo per dire che la distanza e le condizioni ambientali cambiano parecchie cose. Se i gatti avessero coscienza e intelligenza potrebbero accettare che Dio si è fatto uomo? E tu accetteresti un loro annuncio di un Dio gatto? Io no.
Dire che di Messia ne sforna ogni angolo della terra è un modo un pò semplicistico per ridicolizzare il diverso senza mettersi nei suoi panni. Tipico del cattolico occidentale conquistadores…

Mor - Una cosa mi pare certa: la redenzione ed il suo valore non si fanno certo fermare dalle distanze, ma le medesime cambiano (e di molto) la nostra comprensione del fatto.

Ic - Anch’io penso che un evento del genere comporterebbe un percorso di comprensione, nel senso che ci sarebbe una nuova direzione secondo cui approfondire tutto il percorso di accompagnamento di Dio con l’uomo.
Problematica mi pare la posizione di Mauro che spinge sull’alterità: ET potrà pure volare, ma quanto diversamente potrà comunicare. conoscere, amare… alla fine qualcosa dovremo pur avere in comune per porci il problema comune della venuta di Dio e della redenzione. Ed è su questo che abbiamo in comune che si può fare un confronto per andare a comprendere le differenze specifiche dei 2 tipi di annuncio che ipoteticamente potremmo avere. O è ragionevole prender per buoni tutti i messia? O dobbiamo trattenere il buono da ogni messia?

Mauro – Adesso mi cominci a piacere. Io non nego affatto la straordinarietà dell’evento Gesù Cristo, non lo voglio abbassare al rango degli altri messia. Certo che la redenzione supera ogni distanza. Ma di certo l’incarnazione che è avvenuta qua vale per noi, non possiamo pretendere che valga per eventuali altre creature intelligenti e coscienti ma non umane. Concordo quando dici che i due annunci al loro incontro si confronteranno per andare a comprendere le differenze e, aggiungo io, le similitudini. Mi piaceva meno il tuo commento precedente dove non si percepiva alcuna intenzione di confronto con altre rivelazioni, di cui - dicevi - è piena la storia. Il fatto è che la presunzione di aver tutta la verità in tasca ci offusca la mente di fronte alla vastità di possibilità che Dio ha di manifestarsi. Invece se anche si è manifestato nel nostro mondo e nella nostra storia, ciò non significa che non lo faccia anche altrove, chissà in che modo. Non credo che siano inutili speculazioni filosofiche. Credo che un po’ di umiltà di fronte alla Verità non farebbe male alla Chiesa di oggi, così - permettetemi - ecclesiocentrica.
Scusate se con il mio linguaggio posso aver offeso o stancato qualcuno. Non era mia intenzione.

Mor - Però c’è un punto che non mi pare affatto secondario e che secondo me andrebbe approfondito. L’incarnazione vale solo per noi umani e questo ci può pure stare. Del resto, eventuali altre forme di vita intelligente potrebbero benissimo non essere fatte di carne ma di materia gelatinosa (ovviamente semplifico per far prima).
Ma la redenzione? Voglio dire: se la redenzione è legata (e lo è) all’incarnazione, l’ET di turno non è redento? E allora si potrebbe ipotizzare un’altra incarnazione (o come vogliamo chiamarla) per altre forme di vita?

Ic - I Padri parlavano di logoi spermatikoi che informano molte realtà. E lo Spirito soffia dove gli apre. E, perché no, potrebbero esserci anche dei “naturaliter christiani” tra gli ET.
Del resto Dio parla innanzitutto attraverso la creazione, e ET è creatura. Per quanto diverso, sarà materia e forma.
Dio si è fatto uomo. Nato da donna, è entrato nella materia creata. E ha redento tutta la materia, tutto il creato. E’ già una comunione non da poco con un qualche ET.
Ma la comunione di Dio con l’uomo è l’essere diventato uomo. Ma qual’è la differenza specifica dell’uomo nella creazione? l’essere fatto a immagine e somiglianza di Dio.
E questa somiglianza con Dio in cosa consiste se non nella capacità creativa ? I gatti, ad esempio, sono bravissimi e intelligentissimi, ma non hanno capacità creativa. E a cosa è chiamata la sua creatura fatta come lui se non a partecipare dell’attività creativa di Dio? E Cristo non ha partecipato sommamente alla ricreazione del creato?
Quando i conquistadores trattavano come schiavi gli indios non negavano forse loro l’anima, una reale capacità creativa?
Quindi più che se carne o gelatina, che sempre materia è, non dovremo forse constatare, quando e se sarà, se questi ET hanno una capacità creativa di cui devono rispondere partecipando responsabilmente alla creazione di Dio?
E l’umanità di Cristo pone problema all’ET se questa non consiste tanto negli occhi azzurri o meno, ma nell’essere entrato nella creazione e aver condiviso quell’umanità che è essere immagine e somiglianza ovvero la chiamata a partecipare della creazione?
E, quindi, c’è bisogno di un altro redentore per gli ET o non possono riconoscersi in Gesù Cristo?

Mauro - Io capisco la tua posizione e la rispetto. Però non mi convince. Questo non significa che abbia un “credo” migliore del tuo da proporti. La nostra ipotesi riguardo ad un eventuale incontro tra esseri di pianeti diversi è pura fantascienza perchè le distanze sono incolmabili anche alla velocità della luce, ed i relativi linguaggi probabilmente sarebbero altrettanto lontani. Ciò non toglie che è molto probabile che questi esseri ci siano in grande abbondanza, in molti pianeti e molte forme diverse. Ora Dio avrebbe scelto la terra su tutti i pianeti possibili, e questo è già perlomeno strano, ma poi come farebbe a farlo sapere agli altri? I tempi intergalattici sono di milioni, centinaia di milioni di anni, ammesso che un incontro prima o poi avvenga. Dio vuole una attesa così lunga? O non è più semplice pensare che per noi ha pensato a Cristo, e altre soluzioni che non sapremo mai per altri esseri intelligenti?

Ic - Certo altri cammini di Dio con il suo popolo possono esserci stati, altri deserti, altre parole dette al cuore, altri silenzi sottili.
Anche un’altra incarnazione? Non lo so. Come metodo, condivido il non mettere limiti a Dio che per il poco che sappiamo ha dimostrato di avere buona inventiva.
Però, una cosa con certezza lo sappiamo: la distanza, in termini di km e di tempo, non è una obiezione all’unicità dell’incarnazione. Abbiamo antenati, basta andare indietro di una manciata di generazioni, che non hanno mai saputo nulla del Vangelo. Come pure certi compagni dell’asilo dei miei figli. Così vicini, così lontani. Non occorre andare nelle distanti galassie per trovarli!
Eppure questa non è un’obiezione che ha fermato Dio dall’incarnarsi, in un tempo e in uno spazio molto limitati. Già qui ci sono galassie di esclusi! Ma mica possiamo pensare che Dio non abbia pensato a loro, ma non tramite altre incarnazioni…
Nel senso che non vorrei introdurre l’ipotesi di altre incarnazioni, non tanto perché è richiesto dal “problema”, ma perché risulta, come dire, “culturalmente più corretto”.
Per questo io non spingerei sull’alterità di un eventuale ET per postulare altre “economie intratrinitarie o quaternarie”. E proseguendo sul problema carne-incarnazione posto da Mor, mi chiedo ma quale analogia non possiamo non avere con un eventuale ET? la creaturalità, il limite, la morte, la paura, la generazione, la creatività, il ringraziamento, la lode e poi cosa ancora.
Mi scuso, per lo spazio preso. Ma l’argomento è molto bello,e forse con Mauro non stiamo solo ragionando di ET…

Mor - No, non si sta ragionando solo di ET. Del resto, il bello dei binocoli e dei cannocchiali è che se si rovesciano si vede la realtà avvicinarsi come non mai. Il fatto che non lo facciamo mai e che li usiamo invece solitamente allo stesso modo non toglie che ogni tanto la cosa risulti un esercizio salutare.

domenica 3 luglio 2011

La verità

L'autorità non possiede affatto il monopolio della verità cristiana, di modo che agli altri non resterebbe altro da fare che rivolgersi a lei per acquistarla... Infatti la verità dogmatico - teorica, che nella chiesa viene esposta con autorità e proposta da credere, non è che una metà della verità cristiana, la quale si manifesta nella sua totalità solo quando viene praticata nell'amore da tutti i membri... Soltanto in tale traduzione pratica la verità dogmatica diventa pienamente cristiana, vale a dire modellata su Cristo.
H.U. Von Balthassar, Punti fermi, Rusconi, 1972, pg 158.

«Effettivamente nell’indagare la verità rivelata in Oriente e in Occidente furono usati metodi e cammini diversi per giungere alla conoscenza e alla confessione delle cose divine. Non fa quindi meraviglia che alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior luce dall’uno che non dall’altro, cosicché si può dire che quelle varie formule teologiche non di rado si completino, piuttosto che opporsi. Per ciò che riguarda le tradizioni teologiche autentiche degli orientali, bisogna riconoscere che esse sono eccellentemente radicate nella Sacra Scrittura, sono coltivate ed espresse dalla vita liturgica, sono nutrite dalla viva tradizione apostolica, dagli scritti dei Padri e dagli scrittori ascetici orientali, e tendono a una retta impostazione della vita, anzi alla piena contemplazione della verità cristiana» 
Giovanni Paolo II, nel 1994, Unitatis Redintegratio n. 17.