giovedì 28 giugno 2012

In principio era la gioia

A volte, non tanto spesso, trovo libri che esprimono esattamente quello che da solo, in modo più confuso e timido, avevo già pensato autonomamente anni prima, semplicemente confrontandomi con la vita di tutti i giorni. Mi è capitato ultimamente con il libro sulla resurrezione di Andres Torres Queiruga (vedi post dell'8/12/2010), o prima ancora con "L'anima ed il suo destino" di Vito Mancuso (vedi post del 6/05/2008), ed ultimamente con il testo che qui voglio presentare.
Sin da quando studiavo teologia il dogma del peccato originale è stata una di quelle parti che mi son sempre fatto andare bene per forza, anche se erano più i problemi che mi creava di quelli che risolveva, almeno a livello concettuale. Del peccato originale ho già parlato altre volte in questo blog perchè sono profondamente convinto che per cambiare la chiesa occorra partire dalla teologia. E' la teologia che muove la chiesa all’azione, è lei che pone le fondamenta dottrinali, le quali, una volta teorizzate si traducono in comportamenti. E' lei infine che dando un certo volto alla chiesa, attira certe persone piuttosto che altre. Voler cambiare i comportamenti senza cambiare la dottrina che li sostiene è come camminare controvento.
La recente lettura di “In Principio era la gioia” di Matthew Fox, mi ha portato a comprendere ancora meglio come la teologia fondata sulla “caduta e redenzione”, che va per la maggiore da diversi secoli, oltre a non avere solide radici bibliche dipinga l’annuncio cristiano di toni foschi e grigi, quasi che l’accento primario debba essere dato ad un “peccato” ereditato dai nostri padri, sorgente di paura, senso di colpa, bisogno di espiazione. Tutte cose che alla lunga soppiantano il tesoro di gioia e felicità che invece, a partire da una teologia “del creato”, portano il credente all’estasi, alla compartecipazione, all’accettazione della realtà, di tutta la realtà, come espressione della creazione divina e alla piena espansione della propria creaturalità.
Fox in realtà non mette in discussione tanto il principio dottrinale del peccato originale, quanto l'enfasi che esso ha avuto nel susseguirsi dei secoli successivi alla sua formulazione, fatta da s. Agostino d'Ippona.
"La visione cattolica - spiega Vito Mancuso nella sua introduzione al testo di Fox - si caratterizza per interpretare il senso del cristianesimo come riparazione di qualcosa che si è rotto, (...) il motore che mette  in moto il processo è il peccato, il quale precisamente per questo va detto originale, perchè origina, mette in moto, accende tutto il processo".
Non intendo qui ripercorrere tutti i temi affrontati, ma certo invito i credenti “in ricerca” a leggere questo testo apparentemente eretico, in realtà profondamente in ascolto di come è fatto l’uomo e il creato intero perchè in una certa prospettiva non dualistica Dio rimanda continuamente al creato ed il creato a Dio. Un testo che però è in ascolto anche della tradizione biblica e di una spiritualità sotterranea che in ogni epoca ha avuto i suoi sostenitori.
Per maggiori informazioni sul testo si può consultare il sito http://www.campodeifiorifazi.com

Il libro di Fox offre dunque un itinerario spirituale fondato su una "teologia del creato" opposta a quella tradizionale cattolica che chiama "del peccato e della redenzione" basata sul peccato originale, attraverso quattro sentieri che chiama così:
  • Via Positiva (che ci pone in contatto con le bellezze e le profondità cosmiche del creato)
  • Via Negativa (che ci apre al silenzio, all’oscurità, alla sofferenza e all’abbandono),
  • Via Creativa (che segna il passaggio dal cosmo alla cosmogenesi rendendoci co-creatori)
  • Via Transformativa (che, attraverso la compassione ci riporta alla nostra origine in un modo rinnovato: il creato riemerso dallo stato di ingiustizia relazionale, «ricucito e reso di nuovo integro»).
Si tratta di quattro "vie" come le chiama l'autore che dal mio punto di vista sono rivoluzionarie, nuove, e vanno a sanare quelle parti conflittuali che la dottrina con la quale siamo cresciuti ha lasciato in eredità ad un popolo cristiano che si sente sempre più spezzato tra appartenenza liturgica, ufficiale, da una parte, e moto del cuore, comportamento morale, dall'altra. Sono vie e non teorie: proverò a dire cosa mi ha colpito di esse, ma resto convinto che senza percorrerle direttamente non le si può capire appieno.

La Via Positiva
Quando ho letto la "Via Positiva" mi si è aperto un mondo. Pensavo che il libro potesse finire lì, perchè ero sufficientemente sconvolto. Si tratta, secondo Fox, di un percorso interiore che porta il credente a sentirsi parte del creato. Non una creatura particolarmente centrale, o ontologicamente elevata su tutto il resto, come sostiene la teologia classica, ma parte di un tutto che ci collega agli animali, alle piante, alle stelle e ai pianeti. Atomi che si rimescolano e parte di un ciclo che si rigenera continuamente riutilizzando diversamente sempre lo stesso materiale. Sentire la propria piccolezza, dunque, ma allo stesso tempo la comunione con tutto ciò che è, godere di ciò che è, così come è, compreso noi stessi e i nostri impulsi naturali.
La nostra ricerca di Dio di stampo occidentale risente ancora molto del dualismo platonico ripreso da Agostino. Cercare Dio ha significato per molti secoli liberarsi della terra, delle passioni, dei messaggi che giungono a noi per via dei cinque sensi. Un tentativo di liberazione dalla stessa pasta di cui siamo fatti destinato inesorabilmente a fallire, quando non riesce a creare addirittura vere personalità doppie o forme di ascetismo violente e disumanizzanti. Al fallimento poi, normalmente segue il senso di colpa, il sentirsi principalmente “peccatore” e inadeguato di fronte a Dio. Molti di fronte a questa frustrazione intima abbandonano quel dio, con la sua chiesa e i suoi precetti, ma anche la ricerca spirituale di un incontro con il divino che abita in noi. E si butta tutto, insomma, l’acqua sporca insieme al bambino.
La Via Positiva non mette l'accento sulla dottrina e tanto meno sul peccato, ma sul "sentire", sul "respiro" della vita che ci attraversa, ci mette in relazione, e toglie dal piedistallo quella ridicola ricerca di perfezione che non può far altro che generare paura per il peccato, senso di colpa, tristezza. Sentirsi uno con tutto il creato è possibile se tutto il creato è buono e apprezzabile. La materia, con le sue intemperie, i suoi movimenti, le sue "digestioni", è buona e noi ne facciamo parte. E' un concetto che trovo difficile da spiegare, si comprende molto meglio stendendoci a terra su un manto di neve, mentre ti nevica in faccia, o in un campo di grano, o standosene a mollo in mezzo al mare. E' una esperienza di ascolto che presuppone silenzio esteriore e silenzio mentale. Quell'estasi che ci prende quando perdiamo il confine tra il nostro corpo ed il resto, quando perdiamo il controllo e la mente lascia spazio al sentire. E' la via Positiva, appunto, che trova uno spiraglio nella nostra vita quando abbassiamo le difese e tutta la materialità che ci circonda e che pure fa di noi quel che siamo, mostra il suo lato benedicente.
"Se il creato è una benedizione (...) la nostra risposta adeguata è gioirne. Il piacere è una delle esperienze spirituali più profonde delle nostre vite. (...) Ma il piacere non emerge facilmente in una società inondata dalla mentalità consumistica, da una parte, e dalla consapevolezza del peccato originale, dall'altra. (...) Il piacere deve piacere veramente e non soltanto stimolare un pochino". 
Che belle parole! Ero abituato a pensare che il consumismo fosse nemico di Dio perchè esaltava al massimo il piacere. Ed invece è nemico di Dio perchè non esalta abbastanza il piecere, come non lo esalta la religione quando si fonda sul peccato. A me pare una rivoluzione copernicana, mi piacerebbe sapere se anche per altri è così.
Ero abituato a pensare che il contemplativo, l'uomo che si dedica totalmente a Dio, fosse un asceta che dimentica la terra, e invece "Oggi il vero contemplativo ci insegna che contemplare significa diventare talmente uniti con ciò che amiamo e di cui godiamo, che di questo evento siamo capaci di fare una tenda sacra, un tabernacolo. Il vero contemplativo ci insegna l'arte di assaporare. (...) Se noi assaporassimo di più compreremmo di meno"


La Via Negativa
Se la Via Positiva mi aveva sconvolto non ci sono parole per dire come mi ha lasciato la Via Negativa. Come dicevo, inizialmente volevo fermarmi lì, non capivo il bisogno di dire altro e tanto meno di andare a rovinare le intuizioni di una via bella, di ampio respiro come quella "positiva" con un suo oscuro opposto. Ma la Via Negativa di cui parla Fox non è la Via intrapresa dalla chiesa, quella per intenderci basata su peccato e redenzione. Non è la strada della rinuncia a tutte le belle cose dette fin qui, ma ben altro.
La chiesa cattolica ha indubbiamente una sua Via Negativa che però è mossa dai principi della mortificazione e da una sorta di ascetismo che tramite la volontà cerca di controllare (e mortificare) tutti i sentimenti. Qui invece si parla di un percorso in cui i sentimenti sono molto importanti, bisogna "sentirli" fino in fondo per giungere a profondità spirituali che molti neanche sanno di poter toccare. E' una via "negativa" perchè consiste nel fare vuoto, nel lasciarsi svuotare e sprofondare nel nulla, senza opporre resistenza. Ma vediamo di andare con ordine.
Vi è un mondo interiore, quello del sè, al quale non si accede nella luce e nella chiarezza. E' un mondo oscuro, come oscure sono le radici, le fondamenta e tutto ciò che nell'oscurità si muove per mostrare il frutto della propria attività poi, nella luce. Questo mondo profondo e oscuro non è un male, non è un mostro. Va percorso senza timore perchè è l'unico modo per far sì che esso non ci si rivolti contro con tutto ciò che non osiamo guardare. 
"L'oscurità è tutto ciò di cui abbiamo paura, tutto ciò che non vogliamo vedere: la rabbia, il sesso, il lutto, la morte, l'ignoto, la paura stessa. La via dell'inconscio è la via dell'oscurità." Resistere a quello che vive in questo mondo nascosto con filosofie, principi morali, convinzioni indotte, immagini che ci costruiamo nella luce a livello conscio, ... non serve. Lì, in quella via oscura occorre passare per arrivare a Dio. "Sprofondiamo nella profondità e in questa profondità troviamo Dio, che risiede specialmente nella profondità e nell'oscurità, perchè Dio è appunto oscurità sovraessenziale".
Per fare questo occorre "fare vuoto". Come? "Dobbiamo lasciar andare ogni attaccamento alla riflessione, alle immagini, alle similitudini, alle proiezioni, ai nomi, a tutto il contatto con l'essente. (...) Si tratta di un abbandono del linguaggio, un non linguaggio, non musica, non sè, non Dio. (...) Si comincia con il respirare a fondo e si entra in sintonia con la musica del proprio corpo, con il suo respiro, con il battere del proprio cuore...".
Vi sono poi occasioni in cui è il vuoto che viene a noi. Esperienze di dolore sono occasione anch'esse per percorrere la Via Negativa, lasciandosi svuotare, ossia lasciando essere il dolore.
L'idea insomma è che come in positivo bisogna "sentire" tutto il bello e tutta la vita che ci circonda, così anche là dove non capiamo o dove l'oscurità, occorre sentire. La nostra società teme e nega il dolore che invece è parte integrante della vita di ognuno e più lo si respinge, più si ripresenta e anzi mette le basi per moltiplicarsi proprio a causa nostra. 
Il dolore non negato, guardato negli occhi cambia il nostro sguardo sul mondo. Serve a capire le altre persone che soffrono, ci aiuta a comprendere il piacere in modo critico, "distrugge l'illusione del falso piacere (...) ci rende sensibili a ciò che è veramente bello nell'esistenza". Il dolore poi ci rende più forti,  più consapevoli del nostro atteggiamento nei confronti della vita, non perchè rafforziamo la volontà, ma perchè mette alla prova il nostro amore per la vita e per le relazioni. Infine "lasciare che il dolore sia dolore ci lega agli altri" in senso sociale. Quando il dolore di uno è il dolore di tanti ad esempio per una ingiustizia sociale (ad es. disuguaglianza bianchi e neri) si mettono le basi per un cambiamento, una rivoluzione, una ripartenza socialmente condivisa.
Da tutto ciò, anche se esposto velocemente, si può dedurre come la sofferenza non sia affatto il frutto del peccato (insegnamento tradizionale) "la sofferenza, al contrario, è parte del processo di nascita del cosmo". 
La via negativa, per concludere, ci libera da ogni attaccamento. Ognuno di noi ha le sue certezze, i suoi punti fermi. Si, va bene la fede, ma poi un pò di risparmio in banca, una casa, una famiglia, una professione, una idea politica, una nostra formazione tanto sudata... sono tutte piccole cose sulle quali facciamo molto affidamento, su cui costruiamo di fatto le nostre certezze. Poi magari ci diciamo anche credenti, cattolici e persone che ogni giorno cercano di dialogare con Dio, ma di fatto quelle "certezze" nessuno ce le deve toccare, neanche Dio. La via negativa fa pulizia di tutto. Uno rimane solo, senza neanche più le mutande. E senza pensieri, senza Dio, ...senza. E da lì, da quell'abisso puoi ripartire sapendo quanto sono ridicoli i nostri attaccamenti, i nostri piccoli poteri, smascherando tutte le parole e le immagini incantatrici e portatrici di nulla. Se il chicco di grano non muore nel buio e nel silenzio della terra, non porta frutto.
Qualcuno potrebbe pensare che la chiesa cattolica già annuncia questa via a piena voce e non c'era bisogno di Fox per scoprirla, ma quello che la chiesa annuncia è una forma di ascetismo che disprezza la materia e il sentire, mentre la via negativa qui proposta non oppone un distacco alla materialità, nè un giudizio negativo che sarebbe in contraddizione con la Via Positiva. La Via Negativa "sente" quanto accade anche là dove risulta incomprensibile, vuoto e doloroso. Sente senza azione mentale, senza valutazioni, senza distrazioni.


La Via Creativa
Una volta fatto il vuoto, fatto il silenzio, una volta rimesse le parole e le teorie al loro posto, si può risalire la china. Siamo pronti per la Via Creativa perchè "creare è fare esperienza della propria somiglianza con Dio".
Per "via creativa" Fox intende dire che al momento giusto va dato ascolto ad ogni tipo di forma artistica per la quale ci si senta portati. Non esiste persona che non abbia un'arte da esprimere. La persona che sa sentirsi parte del creato e sa fare vuoto e silenzio di tutte le immagini che gli vengono messe dentro dall'esterno, è pronta per generare le proprie, e facendo questo rivela un'altra somiglianza con il Creatore, quella appunto di creare anch'essa qualcosa di nuovo, dal nulla. La via creativa presuppone che tutti siamo creatori, e che quello che possiamo creare noi non lo può creare nessun altro. Non esecutori di comportamenti prestabiliti e indotti, ma generatori di novità. Se qualcosa si può scorgere come "originale" nell'uomo, non è il peccato, quanto la benedizione (original blessing) che lo porta a espandersi, comunicare, vedere oltre la realtà tramite l'immaginazione.
Questa generazione non va confusa con nulla di romantico e disimpegnato, è anzi l'inizio di una vera e propria disciplina che, spinti dal fuoco vitale, ci imponiamo da soli.
Quando non siamo più creativi, l'immaginazione si spegne e le giornate si susseguono senza una direzione, allora significa che qualcosa si è rotto. Se ci basta la tranquillità di coscienza di non fare nulla di male, di aver rispettato le regole sociali, di poterci "sedere" su quelle quattro cose che ci danno un pò di sicurezza (casa, lavoro, famiglia...), allora c'è un problema: abbiamo perso la via creativa e stiamo solo aspettando di diventare concime.
"Senza creatività, che rappresenta la presenza del divino in noi, che è l'immagine di Dio, noi siamo persone tristi dal cuore turbato, e questo vale anche per l'intera società. E' necessario il recupero profondo della nostra maternità che da alla luce Dio vivendo vite e opere di sapienza e di compassione".
Su questa via Fox riscopre il volto materno di Dio, in qualità di instancabile "generatore", e gli uomini stessi "generatori di Dio" perchè "generare sapienza e compassione significa generare Dio". La Via Creativa porta inevitabilmente a questo tipo di generazione e abbraccia quindi questa teologia, non quella patriarcale e colpevolizzante. La teologia di caduta e redenzione insiste sul fatto che Dio ha generato (in tempi biblici) l'uomo, la teologia del creato vede la disponibilità da parte di Dio di lasciarsi generare continuamente e creativamente dall'uomo. Il dualismo che abbiamo superato nella Via Positiva e nella Via Negativa, lo superiamo anche nello scoprirci co-creatori con Dio. Il Dio creatore non è là, da qualche parte nel cielo, fuori da noi, ma è nella nostra più intima intimità. Là dove traiamo ciò che serve per creare, abita Dio.
"Forse il dualismo più grossolano di tutti è quello tra noi e il divino. Come se noi non avessimo sangue divino, come se fossimo solo creature e non anche creatori".
Un Dio esterno accoglie le suppliche, o non le accoglie. Ascolta le preghiere, o per qualche motivo che lui solo sa, non le ascolta. Un Dio esterno richiama folle di disperati che non sanno realizzare i loro sogni  e chiedono a lui il miracolo. Il Dio che scopriamo dentro di noi spinge al ringraziamento, alla benedizione, all'abbondanza e a essere come lui.
Fox riporta questa bella citazione:
"Io prego perchè sono felice" ragionavo, "non perchè non lo sono. Non mi rivolgo a Dio per infelicità, dolore, disperazione, per essere consolata, per ottenere qualcosa da lui". E incoraggiata dall'idea che pregavo perchè volevo ringraziarlo, continuavo a pregare.
Dorothy Day, Una lunga solitudine, autobiografia.




La Via Trasformativa
Il percorso proposto da Fox si conclude con un sentiero che allarga gli orizzonti all'aspetto sociale. La creatività liberata di ogni essere umano non può restare un fatto privato, ma necessariamente cambia il mondo, lo trasforma, appunto. E lo fa a partire da quelli che meno hanno da perdere e da aspettare. La capacità di immaginare e quindi di creare ad immagine del Creatore porta gli esseri umani a scoprirsi profeti che interferiscono con il pessimismo, il cinismo e la disperazione e incanalano "l'energia della rivolta etica verso una rinascita". Questa cosa - il passaggio dall'essere creativi alla trasformazione - non è così ovvia. La creatività, presa in sè stessa, può fermarsi a costruire satelliti, telefonini, giocattoli elettronici, o perfino bombe "intelligenti". "E' chiaro che la nostra energia creativa ha bisogno di essere indirizzata se deve avere una forza di liberazione e di salvezza e non una forza di schiavitù e distruzione".

Il cammino di fede che si fonda sulla teologia del creato si conclude con lo sguardo verso terra, verso gli altri, proprio là dove era partito. Il valore esclusivo alla fine non è la pura contemplazione astratta e assente dai turbamenti del mondo, ma la compassione, la giustizia, l'interdipendenza.

E' uno sguardo verso terra non dettato dal senso del dovere o da volontarismo ascetico del tipo "devi amare il prossimo". Piuttosto è vero che se i passaggi precedenti sono stati fatti come si deve, sorgerà spontaneo un sentimento di compassione verso il mondo, verso tutte le passioni, che non potremo tacere. La teologia del creato in questa ultima via esalta tutto ciò che porta un essere umano a "sentire" l'altro. Esalta quindi, la compassione, ma anche la fonte di ogni passione, l'eros, che viene dipinta come energia positiva e salvifica, sottratta al mercato dell'impudicizia. Esalta la festa, il gioco, il piacere. E' il piacere che trasforma le persone, non il dovere, non la regola, non l'obbligatorietà. La stessa giustizia o desiderio di essa, che sorge percorrendo la quarta via, non è un principio ideale, astratto, distante, ma è qualcosa che muove dal di dentro, un esigenza che spinge all'azione. Per questo Fox la chiama una "giustizia erotica". "Le filosofie patriarcali hanno lasciato l'eros fuori dalla giustizia. Noi abbiamo bisogno, invece, di una giustizia erotica. Una giustizia che muova le persone dal di dentro. (...) Giustizia erotica significa prima di tutto entrare in contatto con ciò che sentiamo riguardo all'ingiustizia. Ma sentiamo qualcosa? Ci diamo il permesso di sentire?"

Mi fermo qua perchè questa sintesi sta diventando più lunga del libro stesso. Ma davvero consiglio di leggerlo, e di leggerlo lentamente, assaporando ogni citazione e ogni affermazione, perchè è un testo creativo e trasformativo. Davvero questa volta ho l'impressione di aver trovato una valida "alternativa" per la chiesa.

martedì 10 aprile 2012

Paganesimo cristiano

Dice C. G. Jung
"per i primi cristiani, come per tutti i primitivi,  la resurrezione doveva essere un avvenimento concreto, materiale, che si poteva vedere con gli occhi e toccare con le mani, come se lo spirito non avesse un'esistenza sua propria. Perfino ai nostri giorni non è senza difficoltà che le persone afferrano la realtà di un avvenimento psichico, a meno che questo sia allo stesso tempo concretamente tangibile. E la resurrezione, in quanto avvenimento psichico, non è concretamente tangibile. E' soltanto un'esperienza psichica. E' buffo che i cristiani siano sempre tanto pagani da intendere l'esistenza spirituale semplicemente come corporea e come accadimento fisico. Temo che le nostre chiese cristiane non possano continuare a conservare questo irritante anacronismo se non vogliono finire in un intrico di contraddizioni insopportabili."

Dice bene Jung. L'insistenza dei primi cristiani sulla resurrezione come avvenimento concreto, utile per loro per sottolineare l'eccezionalità della loro esperienza, rischia oggi di spostare l'attenzione su un elemento secondario. Se ci soffermiamo alla questione "credo o non credo" nell'episodio della resurrezione ne facciamo una faccenda "mentale". E poi, se la mente "crede", ecco sembra finito il nostro dovere di "credenti", siamo a posto, crediamo, possiamo fare la comunione, possiamo dirci cristiani. Ma credere ad un fatto successo ad altri in un altro tempo non costa nulla. Cosa ben diversa è sperimentare ora la resurrezione.
Oltretutto, come dice Jung, questo "credere" materialistico è una forma bella e buona di paganesimo, che tende a trasformare una esperienza interiore in qualcosa che sia percepibile dai sensi, perchè sono i sensi che in una società razionalista dicono cosa è "vero".
Lago Trasimeno, marzo 2012
E mentre ci curiamo di cosa è "realmente" successo all'interno di una tomba chiusa di Gerusalemme di 2000 anni fa il rischio è di perdere di vista la portata spirituale del messaggio cristiano della resurrezione. Io, qui, oggi,  posso essere un sepolcro imbiancato o un risorto, mentre il mio cuore ancora pulsa, i miei polmoni ancora si gonfiano ed i miei neuroni tentano nuovi collegamenti. Io, qui, oggi, "oggettivamente" vivo, biologicamente attivo, devo scegliere se subire questo respiro che mi è stato donato per un pò di tempo, o se godermelo a pieni polmoni, da risorto, cioè da essere che non sorge solo una prima volta fisicamente, ma anche una seconda, nello spirito appunto, nonostante le croci che puntellano una vita in salita, segnandone senza sconti i limiti.

"Là dove noi non sappiamo vedere che distruzione o putrefazione, proprio là, dall'abisso, si leva una figura di luce. (...) Da questo istante del mattino di Pasqua la nostra vita può prendere una nuova direzione: basta con lo stare accucciati alle soglie dell'esistenza, basta con il fissare anelanti una riva al di là del mare". (E. Drewermann, Il vangelo di Marco)

martedì 14 febbraio 2012

Non sappia la tua sinistra quello che fa la destra


La beatitudine cristiana sta in questo versetto (cfr. Matteo 6,1-4). Non sbandierare le proprie buone azioni. Cioè quei pochi gesti che facciamo gratuitamente, senza chiedere niente in cambio, solo perchè l'altro ne ha bisogno. "Raccontare" questo gesto, farlo sapere, è un modo per dire che quel "gratuitamente" non ci va giù, almeno un sorriso, un grazie, un bravo, da qualcuno deve arrivare. Invece no, dice il vangelo, se cerchi approvazione rovini tutto.
Ma c'è di più. In quel "non sappia la atua sinistra quello che la destra" non c'è semplicemente un monito a non vantarsi delle proprie azioni, ma quasi sembra che la notizia non debba proprio circolare neanche al mio interno, da destra a sinistra. Neanche per me, me la devo cantare, perchè alla fin fine ciò che conta è il cuore, e nel cuore può albergare vanità o rancore anche se fuori non esce nulla.
Un' ultima cosa. Il "Non sappia" evangelico non è un comandamento inteso come obbligo, o dovere imposto dall'esterno. E' la descrizione di uno stato di fatto di chi segue Cristo. Questo accade a chi segue Cristo, spontaneamente.

domenica 22 gennaio 2012

Aver fede


Parlare dell'esistenza di Dio significa ogni volta entrare nel campo della logica e usare, strumenti razionali legati alla propria capacità persusiva e al bagaglio culturale. Anche il comando evangelico di testimoniare, annunciare, "dare ragione" della fede, vengono spesso interpretati come un saper convincere l'altro della bontà della propria fede, con l'uso della parola.

Ma la fede non è qualcosa che si può dimostrare e rimane un fatto incomprensibile e indimostrabile.
Dio, inafferrabile dalla ragion pura, inutile per la scienza e per spiegare il funzionamento del creato, è comunque una presenza che bussa al cuore umano dai suoi albori, ininterrottamente.
Si comincia a sapere qualcosa di Dio, quando si smette di cercarlo con la logica, e si comincia a “sentire”. Ora, qualcuno a queste condizioni non accetta di continuare, e si definisce ateo o agnostico. Molti altri “credono”, a parole, per non dare troppo nell’occhio, per fare quello che fanno tutti e che ci fa sentire socialmente più normali, o per un semplice "tentar non nuoce".
La fede, però, per essere sentita, e non confusa con allucinazioni, visioni miracolose o cose simili, ha bisogno anche di un appoggio razionale, questo è fuori dubbio.
Io penso una cosa. Noi esseri umani siamo “obbligati” alla fede. Non possiamo affatto scegliere. Pensiamo solo a quante volte ci fidiamo di altri in una giornata. Ci fidiamo di quello che mangiamo, del medico che ci cura, dell’auto che guidiamo. Ancor più ci fidiamo dei nostri sensi... eppure lo sappiamo che ci possono ingannare, che non sono perfetti. Ci fidiamo di un genitore, di un marito, di un figlio. Senza fiducia non facciamo un passo, si ferma tutto. Ma allora, se comunque occorre esercitare fiducia in continuazione anche verso chi spesso non la merita, perchè non dare fiducia a un sostegno più profondo, forse incomprensibile, ma che non ha motivo di ingannarci... Chi non ci crede pensi pure che ci illudiamo e autoconvinciamo di una Presenza non evidente, ma razionalmente devo dire che è una illusione che "funziona", è cioè funzionale ad una buona vita. La fede innanzi tutto permette di non affidarsi al primo che passa e mette in guardia proprio dalla fede a buon mercato. Secondo poi, valorizza la dimensione dell'attesa, della pazienza, del tenere nelle difficoltà, e spinge ad esplorare nei propri sentimenti. Questo, se anche non dovesse convincere, è solo il supporto razionale che io mi do. C'è tutto un aspetto "spirituale", che come dicevo è quello più importante e porta tanti ad aver fede anche se non sanno spiegare perchè. Sentire la presenza di Dio, in profondità, è un esperienza di pace che una volta raggiunta lascia il segno e chiede di essere ripetuta. Il problema, se così vogliamo dire, è che si tratta di un tipo di esperienza interiore che non è di esclusiva competenza di una religione. Tutti vi si possono accostare alla sola condizione di riuscire a fare silenzio dentro di sè e imparare a "sentirsi" oltre al livello più superficiale di fame/sazietà, freddo/caldo, dolore/piacere. Qui la ragione deve lasciare il passo altrimenti genera violenza. Dio si può manifestare in vari modi, in vari momenti, in varie forme. Può essere che con il cristianesimo abbia manifestato qualcosa di sè, qualcosa di centrale, se vogliamo, ma non tutto. E altro lo manifesti in modi differenti in altre religioni e uomini in ricerca. Il fatto che si sia incarnato in Gesù e abbia scelto Pietro come suo successore non ci autorizza ad anatemizzare chi percorre strade diverse da quelle intraprese da Gesù e da Pietro. Tanto più se queste strade ci spingono ad entrare in noi stessi, a trovare pace e a vedere in modo critico tutte le fedi a buon mercato che  come cembali tintinnano senza scendere più a fondo di un momentaneo epidermico prurito.