lunedì 21 dicembre 2015

Cosa significa essere colpito dalla GRAZIA?

Non significa che improvvisamente crediamo che Dio esiste, o che Gesù è il salvatore, o che la Bibbia contiene la verità. Credere che qualcosa è, è quasi il contrario di ciò che significa la GRAZIA. Inoltre, la grazia non significa che facciamo dei progressi nel nostro autocontrollo morale, nella lotta contro la società. Il progresso morale può essere un frutto della grazia; ma non è la grazia vera e propria, e può addirittura impedirci di ricevere la grazia. Ed è certo che la grazia non ci investe... finchè pensiamo nella nostra vanità, di non averne bisogno.
La grazia ci colpisce quando siamo oppressi da grande dolore ed irrequietezza. Ci colpisce quando attraversiamo la valle oscura di una via insignificante e vuota. Ci colpisce quando il disgusto per noi stessi, la nostra indifferenza, debolezza, ostilità, e mancanza di una direzione e della padronanza di noi stessi ci sono divenute intollerabili. Ci colpisce quando, un anno dopo l'altro, la sognata perfezione della vita non compare, quando gli antichi impulsi ci dominano come è accaduto per anni, quando la disperazione annienta tutta la gioia ed il coraggio. Talvolta in quel momento, un raggio di luce si fa strada nelle nostre tenebre ed è come se una voce dicesse: "SEI ACCETTATO, accettato da ciò che è più grande di te e il cui nome non sai. Ora non chiedere il nome; forse lo scoprirai più tardi. Ora non cercare di far nulla; forse più tardi farai molto. Non cercare nulla, non compiere nulla, non proporti nulla. Semplicemente accetta il fatto che sei accettato!"
Se ci capita una cosa del genere, ci è data l'esperienza della grazia. Dopo una tale esperienza può darsi che non siamo migliori di prima, e può darsi che non crediamo più di prima, ma tutto è trasformato. In quel momento la grazia vince il peccato e la riconciliazione getta un ponte sull'abisso dell'isolamento. E quell'esperienza non richiede nulla, nessun presupposto religioso o morale o intellettuale, nulla tranne l'accettazione.
Alla luce di questa grazia, diveniamo consapevoli della forza della grazia nei nostri rapporti con gli altri e con noi stessi. Proviamo l'esperienza della grazia di riuscire a guardare con franchezza negli occhi di un altro, la grazia miracolosa della riconciliazione, della vita con la vita.
Paul Tillich, Nuovo Essere

sabato 19 dicembre 2015

Il G-A-B e la religione

(G-A-B sta per  Genitore, Adulto, Bambino, termini chiave simbolici dell’Analisi Transazionale)
Il dogma è nemico della verità e degli individui. Il dogma dice “Non pensare! Non essere una persona”. I concetti racchiusi nel dogma possono comprendere idee valide e assennate, ma il dogma intrinsecamente è un male perché la sua validità viene accettata acriticamente.
Quasi tutte le religioni poggiano sull’accettazione da parte del  Bambino del dogma dell’autorità come atto di fede, con una partecipazione dell’Adulto limitata, per non dire inesistente. Cosicchè quando la moralità è incorporata nella struttura della religione, essa è essenzialmente del  Genitore. E’ arcaica, spesso accettata passivamente e il più delle volte contraddittoria. La moralità del Genitore, invece di favorire l’idea di un’etica universale, a cui tutti gli uomini debbono sottostare, ne impedisce la formulazione. L’atteggiamento IO SONO OK – TU SEI OK è irrealizzabile se dipende dalla tua conversione alle mie credenze.
Il concetto di GRAZIA, nell’interpretazione di Paul Tillich è una versione teologica del “IO SONO OK – TU SEI OK”. Non “TU PUOI ESSERE OK”, oppure “TU SARAI ACCETTATO SE”, ma piuttosto “TU SEI ACCETTATO”, senza alcuna condizione.
Per molte persone religiose questo concetto è incomprensibile, perché solo l’Adulto può comprenderlo, mente quelle persone sono dominate dal Genitore. Il dialogo interiore di molti credenti è prevalentemente Genitore – Bambino e sono di continuo occupati a tenere una contabilità ossessiva delle azioni buone e cattive che compiono, senza sapere mai se il bilancio sia attivo o passivo. La moralità religiosa sostituisce all’esperienza liberatoria della Grazia (IO SONO OK – TU SEI OK) il timore ossessivo di commettere uno sbaglio.
La trasmissione delle dottrine cristiane non avvenuta sotto il controllo dell’Adulto è stata la maggiore nemica del messaggio cristiano della Grazia. In tutto il corso della storia il messaggio è stato distorto perché potesse adattarsi alla struttura della cultura in cui veniva introdotto. Il senso del messaggio IO SONO OK – TU SEI OK è stato ripetutamente snaturato e trasformato in un atteggiamento NOI SIAMO OK – VOI NON SIETE OK, in nome del quale gli ebrei sono stati perseguitati, l’intolleranza razziale ha ricevuto sanzione morale e legale, si sono combattute guerre di religione, bruciate streghe e assassinati eretici.
I sacerdoti Adulti, che escono dai seminari, ispirati a Bonhoeffer, Tillich e Buber, si sentono rattristati e disillusi quando si rendono conto di essere stati ingaggiati per fare da arbitri nei giochi della chiesa, fare i babysitter, organizzare belle festicciole per i giovani e impedire alle ragazze di restare incinte. La clausola del contratto dice che IN REALTA’ NON DOBBIAMO CAMBIARE, DOPOTUTTO SIAMO GENTE COSI BRAVA.
Se la liberazione dell’individuo è la via maestra per giungere a cambiare la società, e se la verità ci rende liberi, allora la funzione principale della chiesa è di fornire un luogo in cui la gente possa venire ad ascoltare la verità. La verità non è qualcosa che sia stata decisa una volta per tutte ad un convegno delle massime autorità ecclesiastiche o raccolta in un libro nero. La verità è un insieme di dati, sempre crescente, consistente in ciò che constatiamo essere vero.


Liberamente tratto da Thomas Harris, Io sono ok, tu sei ok

sabato 9 maggio 2015

Caro cristiano

Caro cristiano,
prova per un attimo a pensare di non dover convincere nessuno, non dover annunciare nessuna ricetta della felicità. Il tuo messaggio sei tu, non le tue parole, non le tue convinzioni. Prova a lasciar fare a Dio e rilassati. Prova a chiudere gli occhi e guardarti dentro. Fa silenzio, incontra il tuo vuoto interiore, non esprimere giudizi, stacci e basta. Non giudicare le persone, lascia che facciano il loro percorso. Non le hai incontrate per cambiarle, non le devi migliorare, non le devi convertire; sono lì perché vi diate la mano, perché possiate costruire qualcosa insieme nella vostra diversità. Stai dentro di te, fa attenzione a cosa succede a te, a come le tue emozioni muovono il tuo pensiero e a come il tuo pensiero a sua volta rischi di ripetersi e a cadere sempre sulle stesse questioni. Fai questo lavoro interiore e non ti occupare degli altri, e vedrai che se cambi tu cambieranno anche gli altri.
Prova a immaginarti senza colpa. Da quando sei nato tu stai facendo del tuo meglio. Sei nato buono, amabile, bello. Sei quello che sei per la storia che hai avuto, per le persone che ti hanno istruito, educato, amato. Per l’ambiente che hai visto e respirato, per il cibo che hai mangiato. E poi anche per le scelte che hai fatto e che se non ti piacciono puoi sempre cambiare. Non hai sbagliato, hai fatto una strada che ti ha portato qui, così come sei. Se ti vuoi cambiare, prima di tutto accettati, apprezza il fatto di essere riuscito ad arrivare qui, così come sei. Ama te stesso, stimati, valorizzati, e il cambiamento seguirà come un fiume in piena.
Quando vai in chiesa entra dentro di te e pensa che è quella la chiesa che Dio abita. Entra nel tuo cuore, ed è quello il tabernacolo. Non ti preoccupare di capire, imparare, memorizzare… non sei a scuola.
Quando ti confessi, perdonati. Se non ti perdoni tu, è del tutto inutile il perdono di Dio. Non usare neppure l’incontro con Dio come uno smacchiatore. Non si tratta di pagare una tassa per sentirsi a posto con la coscienza. O un sbaglio è davvero vissuto come uno sbaglio nel tuo cuore, e non perché te lo hanno insegnato altri, oppure non lo è. Il tuo errore, se è davvero tale, se lo vivi come tale, se lo potevi evitare, è un danno che hai fatto a te stesso prima che a Dio o agli altri. E se una cosa, che per qualche motivo pensi sia sbagliata, non puoi fare a meno di continuare a farla, falla. Evita magari il più possibile di danneggiare altri, ma falla. Accettala, non ti giudicare male. Non sono le azioni che ci rendono puri. Non è il fare o non fare una determinata cosa che ti rende degno dell’amore di Dio. Dio ti ama comunque. E comunque Dio guarda sempre al cuore. Il difficile non è farsi amare da Dio, ma è amare sé stessi.

giovedì 30 aprile 2015

Ti permetto di far parte di me

"Tutti i nostri visceri o detti anche organi (reni, fegato, pancreas, polmoni, cuore...) hanno la capacità di percepire e memorizzare il divenire del mondo che li circonda (...) Ciò ci sta inducendo a pensare come ricercatori, che gli organi o visceri abbiano la capacità di comunicare tra loro, indipendentemente dal nostro sentire razionale conscio; il linguaggio che li accomuna sono le emozioni, il sentire emotivo, e hanno la capacità di collegarsi anche con organi di altri individui, indipendentemente dalla specie cui appartengono.
Tali organi di senso viscerali sono collegati al sistema nervoso intestinale (che è molto simile al sistema nervoso delle meduse) e al tronco encefalico (che è molto simile al sistema nervoso rettiliano)...
Gli organi di senso viscerali hanno un ruolo nella vita di relazione, che forse non è la nostra vita oggettiva quotidiana (mangiare, dormire, lavarsi, procurarsi il cibo...), ma è la gestione dell'insieme di noi come animali immersi con tutte le altre forme viventi e l'ambiente in cui viviamo (...)
La macchina umana io la immagino come un sistema che entra in contatto con gli gli sta attorno, nel momento storico in cui sta vivendo. (...) Io sono però sono anche, in qualche modo, in accordo con chi mi ha preceduto, con coloro che sono nati prima di me, e in qualche modo, con chi nascerà dopo di me. (...)
Io mi vedo un Sistema Biologico in accordo con chi vive contemporaneamente la mia epoca storica; io modifico e induco qualcosa in loro e loro inducono e modificano qualcosa in me. Io mi vedo un Sistema Biologico in accordo con chi mi ha preceduto e con chi verrà dopo di me; ogni qual volta nel mio vivere la mia epoca, io modificherò il mio sentire emotivo, inevitabilmente modificherò il sentire emotivo di chi vivrà al mio fianco e di chi verrà dopo di me. Ogni qual volta io modificherò l'immagine emotiva dei miei Genitori e dei miei Antenati, io donerò una memoria emotiva del passato differente ai miei discendenti. Modificando il mio sentire emotivo, modifico sia in me e sia in chi vive intorno a me, il suo interagire emotivo verso il mondo e verso gli altri".


Andrea Penna, Ti permetto di far parte di me