domenica 24 gennaio 2010

Una fede reticolare



Siamo abituati ad identificare il cattolicesimo con alcuni sui contenuti basilari per conoscere i quali basta un minimo di catechismo. Di certo facciamo molta meno attenzione al modo attraverso il quale la chiesa diffonde quei contenuti nelle persone e nella società. Invece è importante rendersene conto, perché mentre riceviamo il vangelo riceviamo inconsciamente anche un modello pedagogico, che non è vangelo. Un sistema che si può definire “dall'alto al basso”. Il prete insegna al laico, il catechista al catecumeno, il sapiente all'ignorante. E' sempre un sistema a cascata, dove si presuppone che all'origine, lassù in alto sopra tutti stia Dio stesso che ovviamente non ha niente da imparare da nessuno.
La questione del metodo è centrale perché siamo inconsapevolmente portati a pensare che chi sta più in alto non solo sappia di più, ma anche viva di più, sia più santo, più coerente, più virtuoso. Ma questo è molto discutibile. Ciò che scende dall'alto è semplicemente il messaggio, ma poi uno può annunciare qualcosa di grandioso anche senza averne recepito l'essenza. Il primo esempio di questo lo prendo dalla mia vita. Ho in mente una persona che è diventata cristiana seguendo le mie parole e posso garantire che ora, a distanza di anni, lo è molto più di me, nei fatti. Eppure è lei che mi ringrazia e dice che grazie a me ha incontrato Cristo. Un altro esempio è senz'altro la storia del papato. Abbiamo avuto per pontefici certamente dei santi e dei martiri, ma anche dei veri e propri furfanti. A quanto pare la chiesa ha usato anche quelli per continuare il suo cammino. Allora cosa significa questo? Significa che, guarda un po', l'ultimo arrivato può essere più bravo del primo della classe, che il discepolo può superare il maestro, che le parole sono una cosa e la vita un' altra.
Dal punto di vista del metodo, non del contenuto, vi è una santa alleanza tra autorità religiosa, politica e informazione. La discesa della verità/conoscenza dall'alto può avere un suo fondamento ma anche essere strumentalizzata. Anche qui un breve esempio.
All'improvviso ci accorgiamo di essere diventati tutti ecologisti, amanti dell'ambiente, e pensare che trent'anni fa non gliene fregava niente a nessuno. Non sarà perché ad un certo punto ce l'hanno detto “in modo” da convincerci? Non sarà che ci fidiamo un po' troppo di chi sta sopra e di chi continuamente ci dice “fidatevi di noi”?
Con questo sistema una cosa è vera perché la dice la tal persona, punto. Non sta bene indagare, dubitare, approfondire. Nella religione come nella politica, e chi da le notizie vede bene di rispettare questa regola.
Ma poi è arrivato internet. E qui il sistema ha cominciato a vacillare, perché le notizie girano, la gente si parla, le cose si sanno, e non c'è rimedio. Ecco allora che Youtube diventa una porta per vedere cose che non si vorrebbe far vedere, le notizie si intrecciano, si arricchiscono a vicenda. E se voglio ascoltare il parere di chi è scomparso dalla tv, in rete lo posso ascoltare, approvare e se voglio sputtanare.
La 'rete' è una metafora autoesplicativa, con l'immissione di queste nuove tecnologie è cambiato anche il paradigma esplicativo della conoscenza; dal paradigma ad albero, fondato sull'idea di radice, e quindi di base, di fondamento, che poi si sviluppava in verticale - pensiamo a tutta l'importanza che avuto nella matematica, nella fisica, dall'inizio del secolo fino agli anni '50 il problema dei fondamenti, il problema delle basi- si è arrivati al paradigma a rete attraverso cui la conoscenza si profonde. Oggi la metafora esplicativa della conoscenza è la rete, in cui non esiste una base, non esiste un centro, ma in cui importanti sono certamente i nodi della rete e ancor più importanti sono le maglie, i link, le interconnessioni tra questi nodi. E quanto più la rete è fitta, tanto più è efficace. Quindi diciamo che la stessa rete è diventata una nuova metafora esplicativa del proprio sapere, sostituendo la metafora dell'albero.
Silvano Tagliagambe
http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/t/tagliaga.htm

Ora mi chiedo se la rivoluzione che qualcuno sta tentando di fare in rete (Grillo, Travaglio...) non si possa pensare anche per la religione cattolica. Possiamo passare da un modello a discesa, ad uno reticolare, dove parlare della propria fede non si fermi al semplice “stai con il papa o contro”, ma ci si confronta davvero, si scambia il proprio sapere, la propria esperienza senza tabù o questioni intoccabili. Mi faccio aiutare da un altra citazione:
Il cammino innovativo è ancora lungo perché non si tratta tanto di riuscire a collegare tutte le scuole con un accesso a internet... quanto piuttosto ...deve essere acquisita una strategia di pensiero (reticolarità) che deve sapersi coniugare con la sequenzialità del libro stampato”.
Italo Tanoni, Nuove tecnologie e scuola di base, Ed. Carocci

Quello che si dice in questo caso per la scuola non potrebbe essere valido anche per la chiesa? E' così blasfemo pensare ad una fede che coniugandosi al modello sequenziale della tradizione, del magistero e del libro stampato impari ad esprimersi in modo reticolare, decentrato, costruttivo?
Sulle questioni morali, per esempio, è necessario insistere esclusivamente con direttive calate dall'alto, o non sarebbe più stimolante invitare i cristiani a “connettersi” con la questione esprimendosi senza toni definitivi e aprioristici? Certo, si può comprendere di fronte a questo scenario il timore delle gerarchie cattoliche di perdere di mano il controllo e l'esclusiva sul settore “Dio”, ma a pensarci bene si perderebbero montagne di credenti e se ne acquisirebbero altri più sensibili al nuovo metodo.
La chiesa guarda ancora ad internet dalla finestra, attirata dalle potenzialità e spaventata dai rischi che comporta.
Ma internet non è solo uno strumento, è un metodo, e su questo la riflessione è ancora prima dell'inizio. Per chi vuole vedere una breve carrellata dei principali interventi vaticani sul rapporto tra chiesa e internet si può accedere alla dispensa di Xavier Debanne sul sito http://www.ananiainrete.it/
L'ultimo è proprio di ieri, facilmente reperibile in rete.

Per concludere
Un proverbio africano dice: se un uomo ha fame gli puoi dare un pesce, ma meglio ancora è dargli una lenza per pescare.
Ecco, favorire la reticolarità della fede vuol dire aiutare le persone a cercare Dio, senza darglielo preconfezionato.

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