mercoledì 24 settembre 2008

Le scuse a Darwin


Il 2009 sarà il 200° anniversario della nascita di Charles Darwin ed il 150° della prima pubblicazione del suo famoso studio su “L’origine della specie”.
In preparazione a tale commemorazione fervono preparativi e si riaprono dibattiti sul rapporto tra scienza e fede. Recentemente il reverendo dottor Malcolm Brown, responsabile degli Affari Pubblici della Church of England ha ufficialmente espresso le scuse da parte della Chiesa anglicana a Darwin pubblicato il 15 settembre 08 sul sito ufficiale www.cofe.anglican.org. Queste le sue parole: “Charles Darwin, la Chiesa Anglicana ti deve delle scuse, anche per il fatto che la sua incomprensione iniziale ha portato a numerosi fraintendimenti … la gente e le istituzioni commettono errori e i cristiani e le Chiese non fanno eccezione... si sentono sotto attacco quando emergono nuove idee che cambiano il modo di vedere il mondo”.
Il 17 settembre 08 Andrea Tornelli scrive su Il Giornale un articolo titolato “Scuse a Darwin? No, grazie”. Il famoso giornalista cattolico sostiene che “La Chiesa cattolica non intende chiedere scusa a Darwin, come ha fatto nei giorni scorsi quella anglicana, né far nulla per riabilitarlo, per il semplice motivo che non l’ha mai condannato, né le sue opere sono all’indice”.
Di certo la posizione del mondo cattolico è cambiata parecchio, in particolare dopo un intervento di Giovanni Paolo II, del 12 ottobre ’96 all’Accademia delle Scienze, che ha esplicitamente detto che l’evoluzione non è più considerata “una mera ipotesi”, ma una “teoria che si è progressivamente imposta all’attenzione della ricerca”. E poi nella enciclica Fides et Ratio sostiene: “l’ottimismo nei confronti della scienza può purificare la religione dalla superstizione, … la religione può purificare la scienza dai suoi falsi assoluti”.

Personalmente ritengo comprensibile la fatica delle chiese ad accettare la teoria dell’evoluzione, soprattutto nei decenni dal 1860 a fine secolo, ma credo sia anche onesto chiedere scusa quando si sbaglia. La Chiesa cattolica non si è espressa in modo ufficiale (?) su Darwin, ma di certo non l’ha avuto in simpatia per molti anni, deridendo in ogni modo l’idea che l’uomo possa in qualche modo derivare dalla scimmia.
Non so cosa intenda Tornelli per “ufficiale”, ma nel 1860, un anno dopo la prima edizione del testo di Darwin, l’episcopato cattolico tedesco si è riunito in Concilio ad Oxford per dibattere tale questione e nel documento finale si legge “Noi dichiariamo del tutto contraria alla Sacra Scrittura e alla fede l’opinione di coloro che non esitano a sostenere che, per quanto riguarda il corpo l’uomo è il risultato dell’evoluzione spontanea e continua di una natura imperfetta verso una più perfetta…”
Detto questo è fuori dubbio che le scoperte di Darwin creano qualche problema alla teologia cattolica che se vuole davvero accettare un confronto sul piano della ragione, come l’attuale pontefice continuamente auspica, deve rivedere le sue formulazioni sulla creazione, come pure deve fare i conti con un catechismo per bambini in cui si parla ancora di intervento diretto di Dio nella creazione di Adamo ed Eva.
Soprattutto la questione della selezione naturale deve far riflettere. Essa, che pare ormai un dato acquisito da tutti, consiste nel fatto che in natura l’individuo, la razza, la specie vincente, è stata sempre quella più forte, più robusta, più adattabile all’ambiente. Frutto di una lotta vera e propria durata milioni di anni tra gli animali, ma anche tra ominidi e poi uomini primitivi, dove la tua morte voleva dire la mia vita, o viceversa. Un sistema “naturale” che oltre ad aver ispirato una cosetta come il nazismo con la sua ricerca della razza ariana perfetta, ed il relativo diritto naturale di conquistare il mondo, fa un po’ a pugni con l’idea cristiana di un Dio che viene riconosciuto nei più piccoli e nei più deboli. “Tutto quello che farete ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40)
Forse, al di là delle scuse a Darwin che ormai sta bene anche senza, sarebbe ora di separare la legge naturale da quella rivelata, e rinunciare a trovare continuamente intrecci tra le due prospettive, quasi a voler “dimostrare” la sensatezza della fede, o addirittura l’esistenza di Dio.

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