mercoledì 31 dicembre 2008

www.donne-cosi.org

Alla ricerca del femminile e del maschile


Donne contro il silenzio. Non so bene come sia finito in questa rete, certo ora non ho alcuna intenzione di uscirne, vista la ricchezza umana e di pensiero che vi ho trovato.
Cercando di fare il punto sulle priorità di questo sito vedo due obiettivi:
1.pensare il femminile nel cristianesimo, non per sostituirsi al pensiero maschile, né per sommarsi ad esso, ma per scoprire un approccio alla fede tipicamente umano, che fino ad ora abbiamo considerato non degno, non all'altezza, non interessante. E' la sfida, tutta da cogliere, lanciata dallo stesso Giovanni Paolo II nella Enciclica Mulieris Dignitatem n. 22, quando dice “la bibbia ci convince del fatto che non si può avere un'adeguata ermeneutica dell'uomo, ossia di ciò che è umano, senza un adeguato ricorso a ciò che è femminile”.
2.Aiutare donne in difficoltà con l'istituzione ecclesiastica, in particolare donne che hanno relazioni difficili e segrete con preti.
Una volta messi a fuoco questi due punti mi sono chiesto come possano stare insieme, cosa c'entri la prima parte più riflessiva e generale con la seconda, più pratica e personale. Forse il nome del sito mi viene in aiuto: in entrambi i casi si tratta di uscire da un silenzio imposto, che una volta teorizzato, viene messo in pratica in mille modi, e quello delle donne dei preti ne è solo la punta dell'iceberg.
Le donne nella chiesa non devono celebrare le liturgie – e questo è il meno – ma soprattutto non devono decidere, né pensare in alcun modo. Quelle “santificate” servono per confermare che la fede nel mondo femminile ha solo risvolti intimi, spirituali, chiusi tra le mura di un monastero. La donna non conta, non semplicemente nel senso che è esclusa dal potere, ma come pensiero diverso, come modo di fare diverso, come atto, scelta, approccio diversi da quello universalmente ed unilateralmente riconosciuto valido.
Questa rivoluzione, al contrario di quanto si crede, non contrappone affatto gli uomini alle donne. No. Qui sta secondo me l'intuizione preziosa di Ausilia e del sito donne-cosi: le donne stesse sono così imbevute di pensiero maschile che troppo spesso si oppongono in maniera uguale e contraria agli uomini e così facendo pensano esse stesse da uomini. Lo abbiamo visto in passato, e spesso ancora oggi, quando per amore o per forza hanno accettato un ruolo di chierichette e di silenziose domestiche votate unicamente alla riproduzione di maschi. Oggi – e questo forse è peggio – cercando giustamente un proprio riscatto esse spesso adottano gli strumenti di dominio prodotti dal modello maschile. Le vediamo quindi duellare con gli uomini, spalleggiare, rivaleggiare su quello stesso piano che loro, da soli, hanno inventato. Le donne per secoli silenziose e sottomesse rivendicano, anziché il loro diritto ad essere donne, quello ad essere anch'esse maschi.
Qui si aprono due finestre che non so dove mi porteranno.
1.Forse si cerca una parità al maschile perché la femmina non sa cosa sia il femminile. Se una donna non sa cosa significhi essere donna, allora cerca di essere uomo, perché ritiene quello un modo di essere più chiaro, rispettato e dignitoso (ripeto, forse).
2.La seconda questione è sull'identità maschile. Anche gli uomini in realtà non sanno pensare da maschi, perchè hanno fatto a meno del pensiero e del sentire femminile, e questo che più correttamente chiamiamo pensiero maschilista, è un pensiero zoppo, una storpiatura del maschile. Quando un uomo picchia, urla e beve, non è affatto “maschio”, non è più nulla. E troppe volte invece viene identificato come maschio.

Queste dunque sono le due questioni aperte, dove tutto è da pensare. Una donna che non scimmiotti l'uomo, ed un uomo che non sapendo pensarsi al pari della donna, non sa più chi è.
Senza nulla togliere ai diritti di trans, omosessuali e via dicendo, mi pare che la confusione di genere che sta caratterizzando la nostra epoca, sia un po' il sintomo di quanto sto dicendo. Non sappiamo più cosa sia il femminile e cosa sia il maschile. Procediamo per negazione, come fa la teologia apofatica, dove non potendo descrivere Dio per quello che è, lo si descrive per ciò che NON è. Così per l'identità di genere. La donna NON è come l'uomo, preso nelle sue manifestazioni peggiori; e l'uomo NON è il maschio prepotente e ovviamente NON è come la donna.
Cosa è la donna, cosa è l'uomo? Quanto e come incide l'essere creature sessuate, nella nostra identità? E quanto nella ricerca di questa identità di genere conta la relazione con l'altro sesso?
A me piacerebbe approfondire questa ricerca. Non continuando a dire cosa non siamo in riferimento all'altro/a, ma sforzandoci di dire in positivo, cosa caratterizza il dono di essere femmina e maschio. Scoprire la propria limitatezza, la propria creaturalità, è tipicamente cristiano. Nessuno è superiore, nessuno ha la completezza dell'essere umano in sé, non solo per i limiti imposti dalla nostra cultura, posizione geografica ed epoca storica, ma anche e soprattutto dal fatto di essere o maschi o femmine. Il sesso ci rende complementari già da un punto di vista naturale, fisico, e quando non si accetta questo limite scritto nella nostra carne, si diventa prepotenti e arroganti.

Lascio in sospeso questo discorso, che ovviamente per esteso mi porterebbe troppo lontano. All'inizio dicevo che donne contro il silenzio tiene uniti due scopi, uno più teorico e uno più pratico con le donne innamorate di preti. E forse non per tutti è così semplice l'aggancio tra queste due realtà, per me almeno non lo è stato.
Allora ecco come la vedo. L'uomo “sacralizzato”, investito del ruolo di mediatore con il divino, esercita un fascino particolare del quale molto spesso non si rende conto. Lui, agli occhi della donna, è diverso dagli altri maschi, quelli che vanno subito al sodo... per intenderci, lui appunto è spirituale, ha dei valori elevati, è quindi uomo, non semplicemente maschio e una donna che ha le spalle piegate da una vita pesante e molto concreta, dove tutti, marito, figli e genitori, passano troppo spesso al fare, al “sodo”, senza chiederle cosa prova e cosa pensa, rimane facilmente folgorata da questa figura misteriosa, rivestita di profondità, non superficiale, che ha studiato e che magari la ascolta e la capisce.
Il problema, il più delle volte, è che scatta una scintilla tra una donna ferita, fragile, che si immagina quel prete migliore e più sacro di quello che in realtà è, e un uomo che è un immaturo, che ha subìto il celibato senza sceglierlo per amore, che ha sublimato il suo bisogno di affetto con il piacere che provoca il mettere le mani sul SACRO. Dio che ti sceglie, che viene tramite le tue mani, che perdona con le tue parole... è un piacere profondo, molto pericoloso, che invade tutta la persona e ponendola a metà strada tra il cielo e la terra, le risparmia la fatica di crescere.
Tante donne che chiedono aiuto a donne-cosi per essersi legate sentimentalmente con preti, sono inconsapevolmente affascinate da un mondo maschile sacralizzato, vorrebbero fondersi con le mani che alzano quel calice e quegli occhi che un po' guardano verso il cielo e un po' verso la loro gonna.
In realtà - ecco il punto di aggancio - lei ha una profonda nostalgia di cosa significhi essere donna e lui non ha mai sperimentato la bellezza di essere in due, diversi e alla pari.
In molti casi lo scoprono insieme, amandosi davvero e unendo le loro strade. Ognuno è per l'altro una benedizione, niente affatto una tentazione. In molti altri casi purtroppo non c'è il coraggio di fare una scelta matura, il sacro continua ad esercitare un potere prevalente e anziché ridimensionarsi, viene alimentato da quelle avventure amorose, atti peccaminosi, che ogni volta rimandano a lui, - sempre il sacro - al suo occhio autoritario che concede e poi torna alla carica con i suoi potenti sensi di colpa.
Sacralizzare è una tentazione che colpisce tutti, ma chi più maneggia il sacro ne è più colpito.
Chi tiene Dio stesso tra le mani deve fare attenzione a ciò che gli accade dentro. Spesso si avvicina a Dio ingenuamente, senza difese, pensa “Dio non può farmi alcun male”. Non riflette sul fatto che lui stesso può farsi del male, pensando al sacramento in modo magico, “elevandosi” un po' alla volta dal resto del genere umano in virtù di quel loro “toccare Dio”.
La religione cristiana non ha lo scopo di elevare o sacralizzare il frutto della terra, quanto al contrario, rivelare l'abbassamento del Divino. “Gesù Cristo pur essendo di natura divina non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza a Dio, ma ha spogliato sé stesso, assumendo la condizione di servo“. (Fil. 2) Dio si è fatto come noi: questo è importante, non tanto il rovescio della medaglia, quando si esalta l'uomo perchè ha ricevuto la promessa che sarà come Lui. No, non è questo il punto, l'incontro tra Dio e uomo non avviene in cielo, ma qui sulla terra. E' molto più comodo pensare che siamo dei, o che lo saremo, e come sarà l' al di là, piuttosto che rimanere con le mani nel fango di questa vita, concentrati sull' al di qua, su questi volti e queste storie, e pensare che per Dio questa nostra vita quotidiana, questa banale pochezza di ogni giorno uguale all'altro, QUESTO è importante. E questa teologia è quella che oggi occorre per fare cristiani capaci di accettarsi, di impegnarsi nella realtà, abbassando lo sguardo da quel sacro che non risolve i problemi che possiamo risolvere da soli.

2 commenti:

Sparrow ha detto...

Dove posso contattare l'autrice di questo articolo....?

Mauro Borghesi ha detto...

L'articolo l'ho scritto io.
Se invece ti interessa conoscere Ausilia (fondatrice di "donne contro il silenzio", sito ora chiuso) la puoi trovare sul blog http://conversazioniblogger.blogspot.com/