sabato 13 agosto 2011

Il Gesù non cristiano di Flores D'arcais


Santo pudore
Vi è una sorta di santo pudore nel mondo cattolico ogni qualvolta qualche laico vada a toccare ciò che abbiamo di più sacro, ossia Gesù, la sua condotta di vita, l'interpretazione delle sue parole e delle sue azioni. Quasi a dire: "questo" è nostro, parlate di tutto quello che volete, voi laici, prendetevela pure con preti e Vaticano, ma non offendete il nostro sentimento religioso. Un pudore diffuso, culturalmente radicato, del quale spesso sono convinti gli stessi non credenti. Un pudore che però non fa bene a noi cattolici, perchè non ci permette di discutere liberamente di qualunque argomento, perchè ci spinge a leggere e comprendere i testi evangelici, e parimenti quelli del magistero, in modo acritico e sottomesso. Quasi che la nostra singola capacità di pensiero debba starsene da parte di fronte ad argomenti grandi quali l'incarnazione, la resurrezione e via via tutti i dogmi cattolici fino all'infallibilità del papa (che conferma, appunto il precetto di non discutere e non mettere in discussione quanto la chiesa dice).
Non fa bene, dicevo, perchè non è con il sacro timore che si rispettano le verità di fede. Al contrario, se sono davvero vere, se soprattutto lo sono per noi singolarmente, allora non ci dovrebbe essere nessun timore, nessun riguardo verso ciò che, per la sua spinta interiore, si sa difendere da solo.

Il Gesù non cristiano di Flores D'arcais
Tutto questo mi è venuto in mente nel vedere la reazione all'uscita del testo di Paolo Flores D'arcais intitolato "Gesù. L'invenzione del Dio cristiano" edito recentemente da ADD. Basta un titolo provocatorio per gridare allo scandalo, quasi che il cristianesimo non fosse in sè stesso scandaloso, "follia per gli ebrei e stoltezza per i greci" come diceva lo stesso san Paolo.
Vi sono autori attuali come Augias, o peggio ancora come Odifreddi, che lanciano provocazioni belle pesanti, spesso guidate da una sorta di "oscurantismo" laicista, ma anche quelle non sono opere che si purifichino con il metodo del rogo o della censura. Si leggono, e si prendono per quello che sono. Un laico ovviamente non ci aiuterà a crescere nella fede, ma è sempre possibile che ci offra un punto di vista "esterno", non influenzato dal sentimento religioso del credente e quindi utile, là dove condotto con metodi onesti, per comprendere meglio temi per noi così importanti. Un cristiano incamminato e profondamente attratto dal proprio cristianesimo legge tutto, non teme nulla.
Non sono particolarmente innamorato alla figura di D'arcais, però ho letto il suo testo e devo ammettere che, al di là dell’essere d’accordo o no con lui, pone una questione importante, sulla quale sarebbe bene andare a fondo, come esseri pensanti e, appunto, anche come cristiani.

Duello fede-ragione
L'autore sostanzialmente dice che la fede cristiana, per chi la accetta, non può avere fondamenti storici, e critica il papa attuale non quando fa discorsi sulla fede (è il suo mestiere in fondo) ma quando pretende che questi siano “ragionevoli”. Quando cioè il papa pretende di dimostrare la sua fede come la cosa più logica, razionale, fondata storicamente, archeologicamente, filologicamente, è allora che bisogna fermarlo (dialetticamente) e dirgli “resta nel tuo campo”.
Fede e ragione hanno fatto a pugni per secoli. Ratzinger propone di rappacificarle portandole entrambe sotto le sue ali protettrici. Lui è indiscutibilmente il difensore della fede cattolica, ma ora si propone anche come garante della ragione. Questo, per D’arcais, e anche per me, non è corretto. Portare la ragione in sè completamente dalla parte della fede (una fede tra le tante, oltretutto) significa solo spostare il conflitto, non risolverlo: lo scontro che prima c'era tra fede e ragione ora, con il sistema Ratzinger, si sposta tra credenti e non credenti, anzi si acuisce, perchè nessun ateo potrà accettare silenziosamente che la sua scelta di ateismo sia meno ragionevole di quella del credente.
Il fatto poi che il libriccino di D’Arcais non sia così bene documentato o approfondito e non tutto condivisibile, anche per il tono screditante e deridente verso la ricerca teologica cattolica, non significa che sia tutto da buttare.

In difesa della fede
Beh, dopo l'elogio però ci vuole anche la critica.
Traspare nei toni di D'arcais quasi il beffeggiamento per una fede che, spogliata dello scudo della ragione, rimane qualcosa che obiettivamente possono accettare, nel 2000, solo degli allocchi. E' lo stesso errore che fa Ratzinger. Chi si appropria della ragione implicitamente dice, "gli altri che la pensano diversamente da me non sono ragionevoli". E' il giudizio che implicitamente si intuisce nelle parole del papa ed è il giudizio che con ancora meno tatto emerge dalle conclusioni di D'arcais, nella barricata opposta. Insomma, non c'è niente da fare, chi non ha dalla sua parte la ragione è per forza di cose uno che sragiona, un bonaccione, un ingenuo.
Io credo che se si rimane su questo piano non se ne esce: fede e ragione sono in sè stesse oggettivamente inconciliabili. E allora? Allora penso che l'unica via d'uscita non sia nel cercare una formula che metta d'accordo le due cose, ma, dopo aver riconosciuto la loro inconciliabilità, spostare nella persona il luogo in cui le due idee si contendono o eventualmente trovano un accordo. Detto altrimenti: fede e ragione non esistono, sono parole: togli l'uomo dal mondo ed ecco che spariscono anche fede e ragione. Quello che esiste sono io, essere umano che posso avere fede e usare la ragione, e nella sintesi che ne emerge vi è l'accordo, in me come persona, non nei concetti.
Vi è un altra critica che vorrei fare. Se da una parte chi ha fede non deve pretendere di essere l'unico essere raziocinante che cammina sulla terra, dall'altra, chi non ha fede, non dovrebbe a mio parere giudicarla così malamente, così superficialmente come spesso si fa, e come anche D'arcais fa. Chi ha fede non è superiore a chi non ce l'ha, ma questo non significa che la sua fede sia un infantilismo inutile, residuo di un passato lontano. L'esperienza di fede è grandiosa, travolge, cambia le persone. Salva la vita o permette di donarla. Non si può ridicolizzare una simile forza. La si guardi pure con gli occhi della ragione, ma ci si fermi però, là dove la ragione si ferma, e si sopporti la frustrante mancanza di giudizio verso ciò che non si conosce a fondo. Non si può dire "il papa parli pure di fede" come se la fede del papa fosse simile a quella di chi crede negli asini che volano o nell'oroscopo o nella presenza degli extraterrestri sulla terra. Questo passaggio non è intellettualmente onesto, perchè la chiesa con la sua storia ha prodotto uomini che hanno cambiato il mondo coi fatti, uomini mossi da quella cosa inspiegabile e irrazionale che noi credenti chiamiamo fede e gli altri la chiamino pure come vogliono, ma per favore, con il rispetto che si deve a tutto ciò che è umano.

3 commenti:

Carmen ha detto...

Riguardo alla prima parte del suo articolo, penso che lei non abbia capito il concetto di "fides et ratio" visto che lo descrive come un tentativo della Chiesa di appropriarsi della ragione. Lei parla della ragione come di una risorsa esauribile. Quello che invece si cerca di far capire è che la ragione non è un'ideologia del pensiero, ma un potenziale di tutti, che non è in contrasto con la fede religiosa. La ragione non è soltanto la ragione scientifica, ma è un qualcosa di più ampio, che comprende vari tipi di approccio al reale. Se c'è un qualcosa che vorrebbe delimitare il campo della ragione, facendolo coincidere unicamente con ciò che deriva da un unico approccio, quello scientifico, beh è questo qualcosa a volersi accapparrare il monopolio della ragione, non certo chi invece quel campo lo vuole aprire. Quel qualcosa di cui parlo è lo scientismo. Ma lei sembrerebbe voler giustificare una pretesa atea e scientista al monopolio della ragione, e fraintende le parole del Papa rigirandole in modo da trasformare il suo atteggiamento di apertura in un chiusura e in una sorta di esproprio di ciò che evidentemente lei considera appartenente ad altri in esclusiva.

Carmen, 23 anni, Salerno

Mauro Borghesi ha detto...

Sono perfettamente d'accordo sull'apertura del concetto di ragione, che non va inteso in senso puramente scientista. E infatti avrà notato che il mio parere su Odifreddi e Augias e in parte anche su D'Arcais, e sul loro modo di affrontare tematiche religiose è piuttosto netto. Si rilegga l'ultima parte del mio ragionamento, vedrà che non siamo così lontani.
Certo la ragione può accettare come ragionevole l'esperienza religiosa, se è questo che vuole dire, però quello che io dico è che la chiesa di oggi non coglie le sfide della scienza e tenta di evitare lo scontro fede-ragione accaparrandosi anche la ragione. D'accordo: la ragione non è soltanto la ragione scientifica, ma intanto cominciamo a rispettare la ragione scientifica se vogliamo che anche lei rispetti noi.
La fede deve continuamente lavorare su sè stessa e "capirsi" sempre meglio non per sottomissione ai risultati della scienza o dell'atteggiamento scientista, come dice lei, ma perchè quello che la scienza dice è importante e non possiamo fregarcene.
Ad esempio: una volta non c'era problema ad accogliere l'assunzione di Gesù come un miracolo accaduto fisicamente così come è raccontato. In tal caso mi spieghi: questo corpo "asceso" sopra le nubi, dove è finito? Dove si trova concretamente ora? Ora che sappiamo come è fatto il cielo, ora che sappiamo che lassù tra le nuvole non vi è nessun paradiso e che non è così che si legge la bibbia. Non sarà che all'interno della chiesa occorra ripensare a come interpretare questa assunzione in cielo? E così pure a tutti i miracoli e agli interventi che vanno contro natura per intervento diretto di Dio?
Cosa c'è di ragionevole nella risurrezione intesa, come fa la chiesa, come fatto empirico? Non possiamo pretendere che un atteggiamento intellettualmente onesto possa accettare un simile dogma. E allora come potrà sentirsi un non credente di fronte all'affermazione che abbracciare la fede cristiana è la cosa più ragionevole che un essere umano può fare? Non significa questo, forse, che chi non crede non è ragionevole? Le sembra rispettoso? E le sembra ragionevole e rispettoso verso gli altri affermare che su questa terra c'è una persona che si autoproclama "infallibile"?
Io non difendo affatto il laicismo ateo scientista. Mi pare invece di aver sottolineato che fede e ragione sono due cose inconciliabili e che le soluzioni più diffuse non producono grandi risultati. Mi riferisco al denigrare le esperienze di fede da un parte e all'appropriarsi della ragione dall'altra. Se qualcuno mi fa capire dove sbaglio, grazie.

vito ha detto...

Mi permetto di intromettermi nei due autorevoli commenti per sottolineare un punto.
Probabilmente, oggi la chiesa, nella foga di conciliare la fede con la ragione è 'passata' dall'altra parte, cioè ha preferito l'efficientismo, l'ingerenza politica diretta e indiretta : in altre parole la chiesa di oggi tutto fa fuorchè parlare di Dio. Mi permetto di darti del tu, Mauro, ma quando tu affermi che quando il 'papa fa discorsi sulla fede...non è criticabile...' a che discorsi ti riferisci? Per quanto mi sforzi di ricordare 'a memoria d'uomo'a parte i discorsi dedicati alla madonna, io sento il papa parlare di economia, di ecologia, di impegno politico, di impegno militare 'giusto' o 'meno giusto', finanche di giudizi su prodotti 'lattici'. E ogni volta di fronte a questi discorsi giro e rigiro disperatamente il Vangelo alla ricerca di qualche passo in cui anche Gesù abbia parlato di economia, finanza, politica, ecologia , contraccezione. Perchè mi sembra di ricordare di aver letto da qualche parte, non so bene dove, che il compito che Gesù ha affidato alla chiesa doveva essere unicamente quello di 'diffondere il Vangelo'. E nel Vangelo di Matteo per oltre settanta volte si parla del Regno dei Cieli, mentre quasi tutto il Vangelo di Giovanni sembra dire '...il mio regno non è in questo mondo'.
Ora, se la chiesa moderna si 'vergogna' di parlare del Regno dei Cieli, perché lo ritiene un argomento, poco reale, poco credibile, superato o poco razionale e preferisce immergersi esclusivamente nell'impegno sociale, allora dovrebbe seguire le regole degli altri uomini: farsi democraticamente eleggere dai cittadini e solo dopo sentenziare in campo politico, ecologico, militare, economico, fisiologico.
In altre parole hai ragione, Mauro a dire che il papa sarebbe inattaccabile se facesse discorsi sulla fede, ma purtroppo questo non avviene. La chiesa cioè non si rende conto che per i problemi politici, economici,igienici e via discorrendo esiste già chi se ne occupa : ci sono già i politici, gli economisti, gli ecologisti, i medici che combattono l'AIDS, i quali con preparazione e con una continua ricerca di consensi suggeriscono cosa bisogna o non bisogna fare.
E' troppo comodo autoinvestirsi di poteri divini e intromettersi in tutte le questioni sociali, in tutti i campi, senza avere l'adeguata preparazione e senza cercare alcun confronto con gli 'esperti'.
In tutti i campi, certo, eccetto che uno, spiegare agli uomini il concetto di Regno dei Cieli.
Chi dovrebbe assolvere l'arduo compito di parlare di Dio agli uomini, un economista? un politico?
Questo non vuol dire che la chiesa debba smettere di pensare agli ultimi, Gesù però non ci ha detto che tale compito possa essere esaustivo. In altre parole i compiti essenziali lasciatici da Gesù sono due, la carità e la proclamazione del Regno dei Cieli. Questo la chiesa dovrebbe fare, senza trascurare l'altro.
Se invece la moderna ricerca della 'razionalità della fede' deve coincidere con l'ingerenza in tutti i campi dello scibile umano con il risultato di raccogliere 'fischi' dalle folle e dagli esperti nelle varie discipline, allora è preferibile che la religione pensi piuttosto a 'restare nel suo' poiché nel campo della fede e di Dio ci sono ancora tanti errori gravi da correggere e tante cose ancora da capire.
Siamo tutti esseri razionali, ma ciascuno deve specializzarsi nel suo campo, senza vergognarsi per quello che ha da dire e senza invadere le altrui competenze.