lunedì 17 gennaio 2011

Cari amici preti

Cari amici preti,
questa sera tornando a casa ho pensato a voi.
Ero preso da un pò di preoccupazioni legate la lavoro, alle prospettive aziendali future, sempre più incerte e dipendenti da variabili che non dipendono da noi. Pensavo alle persone assistite che stanno male, a quelle con le quali è difficile capirsi e comunicare, ai lavori lasciati a metà. E poi mi è venuto in mente che forse quando facevo il prete su tutti questi aspetti me la passavo decisamente meglio. Avevo il problema di non poter mai staccare la spina, questo è vero, perchè un prete non timbra il cartellino, ed è prete sempre, anche mentre dorme. Ora posso "staccare" quando finisce il mio orario, posso pensare a me, o dedicarmi ad altro. Prima non era così, però qualche vantaggio c'era.
Tornando a casa ho pensato a diversi preti che conosco, i più solo di vista e superficialmente, ma abbastanza per lasciarmi andare ad alcune considerazioni.
Ho pensato alla vostra tranquillità economica. E' vero, non prendete granchè, ma almeno è uno stipendio sicuro, e tutto per voi. Il vostro è un lavoro che potete fare solo voi, e anche se lo fate male, nessuno vi "spreta", al massimo vi beccate una tiratina d'orecchie, ma con la dovuta moderazione e riservatezza.
Ho pensato ai rapporti con i vostri collaboratori pastorali. Se c'è un problema, se non vi prendete, loro possono sempre andarsene, nessun contratto di lavoro li lega alla vostra parrocchia, e in fondo ce ne sono tante...
Ho pensato ai vostri impegni. Le benedizioni ormai alle porte; messe tante, visto che siete sempre di meno; qualche incontro con la gente alla sera; e poi una montagna di incontri tra di voi. Siete sempre lì ad incontrarvi, a parlarvi, a programmare, a dirvi come state e come sta la chiesa...
Qualcuno è in crisi vocazionale, e quindi riflette sulla sua vocazione. Qualcun altro ha problemini di salute, e quindi deve stare attento a non sforzarsi troppo. Altri leggono le riviste cattoliche per tenersi aggiornati su cosa succede nella chiesa, o scrivono articoli per il proprio giornalino parrocchiale.
Recentemente uno mi ha detto una cosa che mi ha lasciato senza parole. "Possiamo vederci tutti i giorni, quando vuoi, dalle 10 alle 12, e alle 14 alle 17". Lì per lì sono rimasto contraddetto, "Accidenti" ho risposto, "proprio gli orari in cui lavoro". Poi ci ho ripensato: ma tutti lavorano in certe ore del giorno! Dagli studenti in su! Di solito, tra amici normali ci si vede alla sera, no? Questi invece non hanno niente da fare quando la gente lavora?
Scusate, lo so che non siete tutti uguali e che tra voi ci sono persone che dormono tre ore per notte. Lo so che qualcuno conduce una vita santa. Ma di questi tempi mi venite in mente più del solito.
Sarà la stanchezza, sarà la mia vena polemica che non sono ancora riuscito a domare, o sarà anche un pò che quando vi incontro mi sembrate degli extraterrestri, e non perchè vi vestite in modo diverso. Pensate che tutto ruoti attorno alle vostre quattro mura, dal calcetto alla salvezza dell'anima. Vi affannate per le candele, il quadro antico, l'impianto acustico. A volte mi viene il sospetto che Dio per voi sia un mezzo, non il fine. Il mezzo per sentirvi qualcuno, per sentirvi eletti, elevati sopra la massa informe della gente comune.
Cari amici preti, che insegnate la fedeltà e ogni tanto cambiate parrocchia, ricominciando tutto daccapo; che insegnate il persistere nella prova senza sapere cosa è una moglie, una suocera, un figlio; che chiedete offerte e sacrifici senza andare a lavorare e senza sapere quanto costano i soldi. Scendete a valle, in questa "valle di lacrime", e condividete il nostro mal di testa. Magari potrebbe farvi bene.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

è una testimonianza interesante la tua, ma si sente che nelle tue parole c'è ancora tanto dolore per quello che hai vissuto

Mauro Borghesi ha detto...

non era mia intenzione manifestare il dolore del passato ma l'amarezza per il presente.

Sparrow ha detto...

Amen