"per i primi cristiani, come per tutti i primitivi, la resurrezione doveva essere un avvenimento concreto, materiale, che si poteva vedere con gli occhi e toccare con le mani, come se lo spirito non avesse un'esistenza sua propria. Perfino ai nostri giorni non è senza difficoltà che le persone afferrano la realtà di un avvenimento psichico, a meno che questo sia allo stesso tempo concretamente tangibile. E la resurrezione, in quanto avvenimento psichico, non è concretamente tangibile. E' soltanto un'esperienza psichica. E' buffo che i cristiani siano sempre tanto pagani da intendere l'esistenza spirituale semplicemente come corporea e come accadimento fisico. Temo che le nostre chiese cristiane non possano continuare a conservare questo irritante anacronismo se non vogliono finire in un intrico di contraddizioni insopportabili."
Dice bene Jung. L'insistenza dei primi cristiani sulla resurrezione come avvenimento concreto, utile per loro per sottolineare l'eccezionalità della loro esperienza, rischia oggi di spostare l'attenzione su un elemento secondario. Se ci soffermiamo alla questione "credo o non credo" nell'episodio della resurrezione ne facciamo una faccenda "mentale". E poi, se la mente "crede", ecco sembra finito il nostro dovere di "credenti", siamo a posto, crediamo, possiamo fare la comunione, possiamo dirci cristiani. Ma credere ad un fatto successo ad altri in un altro tempo non costa nulla. Cosa ben diversa è sperimentare ora la resurrezione.
Oltretutto, come dice Jung, questo "credere" materialistico è una forma bella e buona di paganesimo, che tende a trasformare una esperienza interiore in qualcosa che sia percepibile dai sensi, perchè sono i sensi che in una società razionalista dicono cosa è "vero".
Lago Trasimeno, marzo 2012 |
"Là dove noi non sappiamo vedere che distruzione o putrefazione, proprio là, dall'abisso, si leva una figura di luce. (...) Da questo istante del mattino di Pasqua la nostra vita può prendere una nuova direzione: basta con lo stare accucciati alle soglie dell'esistenza, basta con il fissare anelanti una riva al di là del mare". (E. Drewermann, Il vangelo di Marco)