giovedì 4 agosto 2011

Cirillo d'Alessandria

Il film Agorà mi ha spinto a conoscere meglio la figura del vescovo Cirillo d'Alessandria, santo, padre della chiesa e proclamato anche Dottore della chiesa appena poco più di un secolo fa.
Cirillo è nato nel 370 e morto nel 444 dedicando la sua vita alla diffusione del cristianesimo e alla definizione di alcuni dogmi cattolici, come quello sulla doppia natura (umana e divina) di Gesù e quello che definisce Maria "Madre di Dio" (la Theotokos).
Questo è quello che avevo imparato a scuola, peccato non mi avessero detto che questo Cirillo, così santo, difensore della Verità, ed influente nello sviluppo della teologia cattolica dei secoli seguenti, fosse un pazzo sanguinario fuori di testa.
Lasciamo da parte il film, sconvolgente e assolutamente da vedere, dove il vescovo passa senza mezzi termini per un fondamentalista sanguinario; Cirillo va compreso certamente nel suo tempo, cosa non di poco peso e sulla quale non posso soffermarmi qui. Fu un epoca in cui il cristianesimo, appena uscito dalle catacombe, rischiò fortemente di cadere nella tentazione della vendetta, soprattutto favorita dal fatto di essere diventata nel 392 religione di Stato. Violenze spinte da ragioni di appartenenza religiosa si perpetrarono verso ebrei, pagani, ma anche all'interno della chiesa, verso quei rami di pensiero che non andavano nella stessa direzione. Fu un tempo in cui non solo Cirillo, ma molti suoi colleghi vescovi si lasciarono andare a lotte armate in nome della verità.
Cirillo cavalcò ampiamente il disagio del suo tempo e in breve divenne miccia, innesco ed esplosivo di una situazione di convivenza non facile da gestire. Arruolò uomini dalla dubbia moralità, "vere bestie" li ha definiti qualcuno, affinchè si imponesse con la forza il cristianesimo ed il suo specifico cristianesimo. Perseguitò in Alessandria d'Egitto gli ebrei ed i pagani fino quasi ad annientarne la presenza, è molto probabile che sia stato il mandante dell'omicidio di Ipazia, sublime filosofa e astronoma contemporanea, e personaggio principale del film Agorà.
Tra le fonti di queste informazioni c'è Socrate Scolastico, che era un cristiano e non aveva quindi alcun interesse a parlar male della chiesa.
Anche il "dibattito" teologico con il vescovo di Costantinopoli Nestorio, risoltosi a suo favore nel Concilio di Efeso, sembra essere stato condotto con mezzi del tutto discutibili. Erano tempi, quelli, in cui due vescovi che discutevano sulla verginità di Maria potevano arrivare non solo a scomunicarsi a vicenda, ma anche ad imboscate, e minacce fisiche tutt'altro che simboliche.

Or bene, quest'uomo, così influente nella chiesa e nella storia della chiesa, non può non farmi riflettere.
Diciamo che non mi meraviglia tanto il singolo uomo con i suoi eccessi, quanto piuttosto che tra i santi proclamati tali dalla chiesa vi siano personaggi di questo genere. Speravo che almeno tra i santi ci fosse un minimo di discernimento.
Cirillo tutt'oggi è considerato un difensore della fede, un "dottore", un modello a cui guardare ed un insegnante dal quale imparare. E' su questo che vorrei puntare l'attenzione. L'attuale papa ne ha fatto l'elogio in una recente udienza, nel 2007. Chiamare santo un uomo violento, per quanto fosse normale la violenza nel suo contesto, non mi sembra molto opportuno, tanto più che i santi vengono elevati agli onori degli altari dalla chiesa perchè diano l'esempio, ed illuminino l'agire del popolo.
Una seconda riflessione viene dall'osservare che nella persona più ortodossa, più allineata alla tradizione cattolica e propensa a difendere la Verità, conviva un atteggiamento non cristiano. Cirillo è cristiano nei contenuti dottrinali, anzi è protagonista nella costruzione di quei dogmi che oggi proclamiamo nel Credo, ma allo stesso tempo, per difendere quei dogmi, ha commesso atrocità, ha spinto ad usare la spada, ha annientato fisicamente chiunque la pensasse diversamente. E l'ha fatto nel cuore pulsante della tradizione greca, nella città ospitante la biblioteca più importante della storia, dove il dibattito socratico e la speculazione intellettuale erano ben radicati.
Questa distanza tra verità e misericordia, che al contrario di quanto auspica il salmo 84 non si incontrano affatto, mi lascia veramente senza parole, e mi fa pensare che si possono dire cose sacrosante e non costruire nulla di buono, come pure si deve prendere atto che non sempre il vero sta unito al buono e al bello, come insegna la filosofia di Tommaso d'Acquino, ma talvolta le cose sono un pò più complesse. Trovo molto più costruttivo il passaggio della Unitatis redintegratio di Giovanni Paolo II (1994) che così commenta le dispute dottrinali della storia della chiesa: «Le controversie del passato hanno condotto ad anatemi pronunciati nei confronti di persone o di formule. Lo Spirito del Signore ci accorda di comprendere meglio oggi che le divisioni così verificatesi erano in larga parte dovute a malintesi». 
Mi sorprende sempre come nell'epoca di internet si riesca a rimanere ignoranti esattamente come quando le notizie non circolavano affatto, per cui oggi accade che di ogni cosa, anche eventi storici, viene detto tutto ed il contrario di tutto, e non sappiamo mai con certezza che pesci pigliare. Se un tempo le cose non si dovevano sapere, oggi regna una tale babele di linguaggi e ideologie che viene voglia di non sapere affatto. Così ovviamente accade anche per Cirillo, santo per alcuni e genocida per altri. Curiosa e degna di nota mi è parsa la posizione del famoso sito Pontifex, di stampo tradizionalista, che non nega la contestabilità delle sue modalità d'azione, ma così le giustifica:
"Oggi abbiamo vescovi buoni, miti, umili e pastori misericordiosi, ma allora non era possibile avere un capo religioso di questo genere, perché le esigenze erano diverse."
Io posso capire che ogni persona và vista e compresa nel suo contesto, ma da qui a farla santa e "dottore" ... ce ne passa.
Credo davvero che misericordia e verità necessitino l'uno dell'altra. E credo che quando la verità, qualunque verità, cede alla tentazione di bastare a sè stessa, lì inizia anche la sua corruzione.

3 commenti:

Antonella ha detto...

E' un quesito che si impone una volta di più, ogni volta che si affrontano passaggi di storia della Chiesa. Spirito del tempo e spirito del Vangelo (lo Spirito Santo?) si confrontano continuamente nella storia. Non dico sempre [ il che non si dà in virtù della libertà morale], ma almeno in segni esemplari (i santi debbono essere segni esemplari)lo spirito del Vangelo dovrebbe rifulgere sullo spirito del tempo. Invece quanti fatti della storia della Chiesa sono impastati dello spirito del tempo! Non scandalizza, la legge dell'incarnazione è regola nella vita cristiana. Inaccettabile, però, è l'accettazione, anzi, la giustificazione di questi tradimenti dello spirito cristiano che spesso la Chiesa adduce. Certi cristiani, di CL per esempio, tacciano di moralismo queste considerazioni. Come è possibile?

Mauro Borghesi ha detto...

La legge dell'incarnazione è ciò che rende sempre diverso lo spirito cristiano. Diverso, nuovo, ma anche annacquato, tradito, usato come paravento. Succede nella storia e nella vita di ognuno.
Ma dobbiamo e possiamo riconoscerlo. Credo che i santi non perdano di santità se ne conosciamo le esagerazioni e gli errori. Non capisco e non giustifico la paura a farne vedere tutta la loro umanità. E non giustifico neppure una santità nominata solo in base a quello che uno come Cirillo ha scritto e teorizzato, come se non fosse ben più decisivo quello che ha fatto.

Anonimo ha detto...

Una visione autenticamente cristiana della storia non può far finta di non vedere o cercare di nascondere delle gravi responsabilità da parte del capo della chiesa di Alessandria nella creazione di un clima di violenza e di intolleranza nell'Egitto del V secolo,nella creazione di una milizia al proprio servizio composta da uomini violenti e fanatici, i parabalani,pronti a commettere ogni sorta di violenza e di efferatezza contro la vittima di turno.In qtesto tragico contesto si inserisce l'atroce e orrendo omicidio della filosofa neoplatonica Ipazia,donna la cui cultura e sapienza,non meno della sua bellezza, erano ammirate dai contemporanei anche cristiani.Mi chiedo: in questa vicenda chi è stato più vicino al Vangelo di Cristo, la Martire Ipazia o il Patriarca Cirillo?
Max