domenica 18 novembre 2007

L'interpretazione del Concilio

Recentemente ho letto le seguenti affermazioni:
L’interpretazione del Concilio come rottura e nuovo inizio sta venendo a finire. È un’interpretazione oggi debolissima e senza appiglio reale nel corpo della Chiesa. È tempo che la storiografia produca una nuova ricostruzione del Vaticano II che sia anche, finalmente, una storia di verità”. Cardinale Camillo Ruini

Esso, per noi, (il Concilio, ndr) è un grande avvenimento, non una rottura, una rivoluzione, la creazione quasi di una nuova Chiesa, l'abiura del grande Concilio tridentino e del Vaticano I, o di ogni altro Concilio ecumenico precedente. Svolta certo vi fu, ma, con immagine stradale, essa non è inversione "a U". C'è stato insomma un "aggiornamento", e il termine spiega bene l'evento, la coprensenza di "nova et vetera", di fedeltà ed apertura, come dimostrano, del resto, i testi approvati in Concilio, tutti i testi.Mons. Agostino Marchetto

Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti. Da una parte esiste un'interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall'altra parte c'è l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato ... L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Benedetto XVI, Natale 2005

Cosa sta accadendo al Concilio Vaticano II? Come và inteso? E sopratutto: perchè a 50 anni di distanza si discute ancora su come intenderlo?
Dopo mezzo secolo di dibattiti, di scontri interni e di aperture, la mia impressione è che non potendo eliminarlo, il Vaticano faccia di tutto per normalizzarlo, relativizzarlo ed inserirlo in una storia più ampia e significativa dove esso è un semplice frammento che ormai ha fatto il suo tempo.
Ma tutto ciò che ha detto sulla liturgia, sull'ecumenismo, sulla Chiesa, sulle Scritture, sul rapporto con il mondo intero è senz'altro NUOVO, e ancora da mettere in pratica.
Che ne pensi?

1 commento:

Anonimo ha detto...

probabilmente tutto ciò che il Concilio ha cercato di rinnovare ha spaventato quella parte dell'elité ecclesiastica che comanda e che decide come deve andare avanti la religione cristiana cattolica. Sono convinta del fatto che purtroppo i "consigli" di vita cristiana che il Concilio ci ha voluto dare a riguardo della preghiera, del modo in cui un cristiano cattolico possa vivere la sua fede nella normalità, abbiano spaventato alla grande i "pilastri" che hanno sempre comandato. Io però rimango sempre della mia idea che le formichine se lavorano assieme costruiscono un castello più grande di quello dei grandi. non so se ho scritto bene, ho cercato di dire la mia e spero di essermi spiegata